Erano i primi giorni di marzo del 2009, e il direttore di Epolis dell’epoca, Enzo Cirillo, con cui avevamo iniziato una campagna per sensibilizzare Rai e Network commerciali a riportare il teatro in televisione, mi commissionò una intervistra sul tema a Gianfranco D’Angelo, scomparso ieri. Ve la ripropongo integralmente.

 

di Angelomauro Calza

Gianfranco D’Angelo rappresenta nel panorama artistico nazionale una delle figure con maggiore versatilità e con un bagaglio di esperienze molto ricco, invidiabile, essendo negli anni passato dal cabaret al cinema, dalla televisione al teatro, fino al doppiaggio ponendosi come un punto di riferimento certo per il suo genere. Storiche le sue performance televisive in Drive In, da lui ideato e condotto dal 1983 al 1988, e a Striscia la notizia, che ha condotto insieme ad Ezio Greggio, nella sua prima edizione, nel 1988. Da qualche anno D’Angelo è quasi esclusivamente attore teatrale.

Gianfranco D’Angelo in scena a Drive In

Qual è lo stato di salute del teatro in Italia?

Beh, tutto sommato buono. Il pubblico ci ripaga con la sua presenza in teatro, e per noi è la cosa più importante: che quando sei sul palco ci sia qualcuno a vederti. E coi tempi che corrono, in cui si cerca di risparmiare sul superfluo, è un fatto importante: vuol dire che per tantissima gente il teatro non è il superfluo, anche se tanti teatri in Italia risentono del momento di crisi…finirà che prima o poi me ne accorgo anch’io, ma per fortuna al momento non è così, anche se poi ti accorgi che oggi comunque si avverte qualcosa di diverso rispetto a qualche anno fa.

Come lo spiega?

Il pubblico viene perché si vuole divertire, rilassare. Oggi il bisogno di questi momenti è maggiore, c’è più bisogno di spensieratezza, e noi cerchiamo di accontentare il pubblico. E’ in atto un momento di scontro generazionale, tutti hanno esempi indiretti, di forti analogie con il passato, quindi tu attore nel recitare puoi anche raccontare cose serie, ma devi saperle raccontarle in modo da far divertire il pubblico, mettendo insieme alle cose serie degli ingredienti di divertimento che devono servire comunque a far riflettere. Quando ci riesci il pubblico risponde ed è contento.

Oggi il teatro è possibile vederlo… solo a teatro, la televisione lo snobba. Qual è la sua analisi?

Sì, è vero, adesso il teatro in tv non c’è più. Mai. Su nessuna rete. Perché a tutti i livelli la tivvù è fatta di numeri, è regolamentata e si regge su interessi economici e commerciali. Si bada agli ascolti, non alla qualità e nessuno si preoccupa più del fatto che il teatro in televisione non ci sia più, ma in questo contesto, la cosa che più mi avvilisce è che questo discorso lo faccia anche la Rai, che è servizio pubblico, e che sta offrendo un pessimo esempio. Che questo accada per le televisioni commerciali posso anche capirlo, ma non per la Rai che deve dare spazio all’educazione del pubblico, alla cultura, alle tante  e variegate espressioni artistiche e non solo, che possano comunque soddisfare tutti per una crescita complessiva. In questo contesto proporre in televisione il teatro è una di quelle operazioni culturali che non possono essere trascurate dal servizio pubblico.

Intanto Gianfranco D’Angelo è praticamente scomparso dal piccolo schermo. Perché?

Io ho fatto tantissima televisione, ora non ne faccio più, è vero. Le cose che ripropongono di me in tivvù sono comunque attuali, si ha come l’impressione che facessero parte di un programma trasmesso la sera prima. E quando scopro questo, scopro anche che se si trattasse dell’impressione di un mio coetaneo me lo aspetterei, ma c’è anche lo stesso giudizio da parte dei giovani di oggi. Ma non ho scelto io di non fare più televisione, il fatto è che in televisione sono cambiati gli interlocutori, ora ce ne sono altri ai quali evidentemente di vedere D’Angelo in tivvù non gliene frega assolutamente niente, ma io sono felice lo stesso, sto riscuotendo un successo fantastico in teatro, con il pubblico che mi aspetta fuori al termine dello spettacolo…sono appagato, non me ne faccio certamente un cruccio e non ne ho nemmeno tanta voglia. La commedia la vivi: la devi provare prima, la devi scegliere con cura, hai un contatto diretto con il pubblico. In televisione è tutto diverso, spesso registrato… non ho bramosia di farla la televisione. Dovrebbero essere loro a cercarmi, allora ci penserei, ma fin quando non lo fanno io non ci vado.

Ma tornando al suo passato televisivo, chi sceglie tra il Morbidone e As Fidanken?

Senz’altro As Fidanken. Era dirompente, apparteneva al teatro dell’assurdo. Ascoltare un cane che non parla è spirito surreale, Qualcuno oggi ancora mi chiede dov’è As Fidanken, pensa un po’….

La televisione abbiamo detto risente di condizionamenti di tipo politico e commerciale. Come mai questi fenomeni non hanno ancora toccato il teatro?

E’ un discorso difficile, ma penso che il merito sia di produttori privati che riescono a restare lontani dalle pressioni. Oggi il teatro vive quando ci sono dei nomi, altrimenti è più difficile portare la gente in platea: a differenza della televisione, il pubblico teatrale vuole garanzie che sovente la televisione non dà.

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