L’emergenza Covid sta mettendo in luce gravi carenze organizzative del passato e dell’attuale governo regionale. A Potenza e Lagonegro mancano i Responsabili ASP delle Cure Primarie e scarseggiano anche i burocrati. In molti preferiscono il pensionamento pur potendo ancora svolgere la professione.

 

di Angelomauro Calza

 

(seconda parte) La situazione che vivono i medici di famiglia, specie nei piccoli comuni, è stata definita dagli addetti ai lavori “tragica”, qualcuno parla metaforicamente di medici mandati “al massacro”, con una sanità regionale che ormai vede saltati tutti i passaggi, con uffici sanitari praticamente inesistenti per tanti motivi. E ora con il Covid la situazione è peggiorata: manca nei paesi chi stabilisce la quarantena, chi la decide, ed è la dimostrazione di un sistema che andava cambiato già da tempo. I medici più anziani hanno paura. Ma non solo del Covid, hanno paura di dover fare di tutto, tamponi compresi, e se quel medico si contagia non ha alcuna tutela legale. I lavoratori dipendenti sono tutelati dall’Inail in quanto ammalarsi di Covid sul luogo di lavoro viene equiparato ad un infortunio, se invece un medico generale si contagia durante la sua mission non ha alcuna tutela. Certo, chi tra i medici fa ostruzionismo sbaglia, i tamponi si è tenuti a farli, e come medico, in virtù del giuramento di Ippocrate, se anche non fosse per contratto puoi essere obbligato ad operare in questo contesto di emergenza con compiti che sono – appunto – dettati dalla fase emergenziale. Solo che questi medici sono soli, abbandonati a se stessi, non ci sta un coordinamento, un riferimento. I distretti sono saltati, gli uffici sanitari locali sono praticamente assenti e in molti stanno optando per il pensionamento anticipato (massì, alla fin fine meglio qualche euro in meno sulla pensione che scoppiare per stress causato da mancanza di volontà di terzi ad affrontare e risolvere problemi!), e i pochi rimasti hanno una pesantissima croce sulle spalle. Si arriva al paradosso che i medici di famiglia rischiano denunce dai loro assistiti per i lunghi tempi di attesa dopo l’inserimento del soggetto in piattaforma Covid, si mette in forte discussione il rapporto fiduciario medico-paziente quando – per esempio – il paziente insiste nel chiedere il perché non ci fosse la possibilità di essere vaccinato, senza sapere (e non credono spesso manco al proprio medico che glielo spiega)  che i vaccini erano e sono insufficienti. In molti paesi manca l’Ufficiale sanitario, si fanno nomine a scavalco (come abbiamo denunciato ieri, vedi https://www.angeloma.it/politica/chiaromonte-assistenza-familiare-a-rischio-dal-1-dicembre-in-zona-un-solo-medico-di-igiene-pubblica-per-16-comuni-e-se-dovesse-assentarsi/ ) e i pochi in servizio non ce la fanno a compiere per bene e per intero il compito affidatogli dalla funzione degli Ufficiali sanitari presìdi territoriali di primaria importanza. “Come si fa – è il quesito più diffuso – a spiegare ad un paziente  che è in piattaforma che sta attendendo da tempo perché non sempre ci sono i tamponi?” E a ben vedere le cose, un medico di famiglia viene chiamato di continuo al telefono, magari gli dicono che si è stati a contatto con un positivo e lui non sa che fare, come comportarsi, con il rischio che l’assistito al telefono lo mandi pure a quel paese. In Basilicata l’Usca è ormai allo stremo, per carenza di medici e infermieri e i pochi in servizio sono al limite, non hanno il cambio, fanno turni massacranti. E’ vero, sono stati assegnati giovani medici, ma che sono incolpevolmente inesperti: stanno imparando sul campo, volenterosamente e con grande senso civico e consapevolezza del ruolo e del momento. Ci giunge notizia (speriamo non sia vero) che stanno iniziando persino a scarseggiare i guanti; e i tamponi non arrivano come dovrebbero, e pare che anche la continuità assistenziale funzioni a macchia di leopardo, sono saltati anche i controlli. Bisognerebbe allora individuare tutte le situazioni di crisi e prendere di petto la situazione, emanare provvedimenti idonei, creando soprattutto una efficace rete di contatti con gli uffici delle Unità Sanitarie di Potenza e Matera, e riorganizzarli, visto che stanno per andare in tilt anche quelli: iniziano a scarseggiare anche i medici destinati a mansioni specialistiche di ufficio, quelli che spesso vengono tacciati di essere medici burocrati, ma che svolgono in realtà funzini essenziali per il coordinamento delle attività sul territorio. Mancano per esempio a Potenza e Lagonegro i responsabili delle “Cure primarie”: Il primo è andato in pensione e non è stato sostituito, a Potenza invece si procede con una facente funzioni che deve sopportare carichi di lavoro enormi, al limite delle oggettive possibilità. Parafrasando Nanni Moretti: continuiamo così, facciamoci del male.

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