Una lettera all’ex Presidente del Cotrab, dimessosi stamattina presto dall’incarico per la violenta campagna stampa contro di lui

di Angelomauro Calza

La lettera di dimissioni da Presidente di Giulio Ferrara

Beh, stavolta i fatti si sono consumati in pochissimi giorni, talmente velocemente che potremmo anche calcolare la durata della vicenda in ore: il 23 agosto Giulio Ferrara è stato rieletto Presidente del Cotrab, e oggi, il 28, in nottata si è dimesso. Caro dottor Ferrara, scarsi 4 giorni, 96 ore di incubi: per lei che come dice nella sua lettera di dimissioni, ha subito una violenta campagna stampa contraria alla sua riconferma nella carica, ma soprattutto incubi per la dipendente che è stata oggetto delle sue attenzioni. Sì, lo so che il suo avvocato persiste nel difenderla, nel sostenere con forza che la condanna è stata ingiusta e che lei in realtà è innocente: le dirò, non ho problemi nell’aprire la mia mente, considerare che l’Italia e il mondo sono pieni di innocenti ingiustamente condannati, e concederle anche questa possibilità, ma purtroppo quel che conta sono i fatti, e i fatti, nel suo caso, sono una sentenza di condanna emessa dopo tutti i gradi di giudizio. E in Italia, comunque, conta sempre la condanna della gente, e la gente – mi perdoni la crudezza – l’ha condannata senza possibilità di appello. E, si sa, quando tra la gente si sparge una voce che poi diventa verità e convinzione, nessuno la smuove. Alla fin fine, quindi, lei ha fatto bene a dimettersi. In primis per la dipendente che così potrà lavorare più serenamente, come giusto che sia, soprattutto perchè sentirà di aver avuto giustizia due volte. Poi per la credibilità di Cotrab. Poi perchè non si può pensare che tutto si sia sciolto come neve al sole. Io al suo posto però non mi sarei dimesso. Ennò, perché io al suo posto, da colpevole o da innocente, sarei scappato via da Potenza, dalla Basilicata, forse anche dall’Italia sin dal primo momento, ma non per sfuggire alle maglie della legge, rendermi latitante, no: per la vergogna! Figuriamoci se poi mi facevo riconfermare nella carica che tanti problemi mi ha creato (dico “mi” sempre per benevolenza nei suoi confronti, in realtà dovrei dire che “ha creato” alla dipendente offesa prima come donna, poi come impiegata. E chi lo ha rieletto ha comunque pari responsabilità)! E infine la forma della lettera di dimissioni: ma come? Utilizza il termine “violenza”  nei suoi confronti riferito ad alcuni articoli di stampa? La stampa l’avrebbe quindi violentato? Cioè a dire: lei si sente talmente ferito da questa campagna stampa da definirla “violenta”, tanto violenta da sentirsi costretto alle dimissioni. Mi scusi, ma allora la dipendente che termine avrebbe dovuto usare per meglio descrivere quel che le è accaduto? Chi mi aiuta a trovare un termine più forte? O subire violenza fisica è meno che subirla dai media? E ancora: Lei si dimette solo per la campagna stampa contro di lei? E non perché ha fatto un serio esame di coscienza? Sì, torniamo alle origini: lei non è colpevole. Va bene, in cuor suo lo sa se dice una bugia o no, noi non lo possiamo sapere, ma per la legge lo è, e tanto basta, non può assumere di certo l’atteggiamento di vittima del quinto potere. Comunque sia si è dimesso, ha fatto bene, l’apprezzo per questo, e stia tranquillo: non le auguro di rimanere vittima del bunga bunga contro la sua volontà, no, le auguro che trovi coraggio e dignità per chiedere scusa a prescindere.

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