L’isolamento di alcune zone della Basilicata il vero antidoto al Covid-19? Accadde già con la peste del 1656 (nella foto di copertina l’opera di Micco Spadaro, “Piazza Mercatello durante la peste del 1656”, Napoli, Museo nazionale di San Martino) a Terranova del Pollino, oggi la storia si ripete in diversi altri Comuni.

 

di Angelomauro Calza

Nel numero zero del mensile “IL” del novembre del 1989, direttore Oreste Lopomo, scrivevo della peste del 1600. Il titolo del pezzo era “Nella storia del Viceregno di Napoli l’isolamento dei paesi del Sarmento”. Ritorna oggi di attualità. Nei libri di storia si legge che le peste del 1656 colpì tutti i Comuni del Viceregno spagnolo di Napoli.

San Costantino Albanese

Se restringiamo alla zone del Sarmento, ci rendiamo conto di quanto si ridusse la popolazione per effetto dell’epidemia. Nel 1648 a San Costantino Albanese, ad esempio, i fuochi, cioè le famiglie, erano 109, nel 1669, vent’anni dopo, a peste sconfitta, solo 55. E così a San Paolo Albanese, che da 352 scese a 165. Un po’ meno Cersosimo, che da 26 fuochi scese a 24.

Terranova di Pollino

La diminuzione dei fuochi è un segnale ben preciso di come la peste abbia colpito gli abitanti di San Paolo e San Costantino, così come, in misura molto marginale, Cersosimo, che ha perso due soli fuochi. Si parla in questo caso di paesi collegati tra loro e con gli altri centri viciniori, che man mano, scendendo verso la valle del Sinni, arrivano poi a Senise, a Francavilla in Sinni e così via. Si tratta comunque di centri tutto sommato all’epoca facilmente raggiungibili da viaggiatori e commercianti. Terranova del Pollino nel periodo in considerazione,  è stato l’unico Comune del Viceregno che ha visto crescere i fuochi che aumentarono da 88 a 117! Ma come mai? A Terranova ancora oggi termina la SS.92 che ricomincia poi a Cerchiara di Calabria. Si narra che nel 1945 i tedeschi che dovevano scendere in Calabria minacciarono la popolazione del posto perchè convinti che avessero in qualche maniera nascosto la strada che cercavano e che era riportata su una vecchia cartina del 1928: in realtà quella cartina precorreva ottimisticamente i tempi, ma la strada prevista e segnata non fu mai italianamente completata. Ecco quindi la spiegazione: il paese era collegato all’epoca della peste solo con San Costantino Albanese grazie ad una mulattiera peraltro malsicura. Dobbiamo necessariamente escludere un fenomeno migratorio che non avrebbe avuto senso rispetto a quello inverso, emigratorio, per cui bisogna convenire che la grande epidemia non toccò affatto Terranova del Pollino, forse proprio grazie al suo isolamento: era talmente fuori dal mondo che non arrivò manco la peste!

Calvera

Calvera

Oggi, dopo quattro secoli, come allora: nel ‘600, l’isolamento di Terranova del Pollino si dimostrò valido strumento sanitario di profilassi. Oggi, in tempi moderni, l’isolamento e lo spopolamento stanno contagiando da anni  tanti paesi della Basilicata, specialmente in quella stessa area, quella del Basso Sinni, del Serrapotamo, del Sarmento. Comuni come Teana, Calvera, Carbone sono stati abbandonati a se stessi da Istituzioni rappresentate da cerusici politici che propagandano nei salotti buoni delle tv e delle piazze le loro medicine per farli rivivere (inutilmente, sono solo palliativi…chiacchiere, và…).

Carbone

Carbone

Le sagge riflessioni di nonni e bisnonni  trasmesse a nipoti e bisnipoti sono sempre veritiere: come si fa a smentirli quando dopo aver ascoltato il cerusico di turno sentenziano “mentre il medico studia il malato muore”? E spesso però basta l’essenza stessa del luogo, la sua condizione, la sua posizione, il suo non essere sufficientemente attenzionato, l’essere abbandonato a se stesso per risolvere in positivo talune situazioni: come per Terranova nel 1656, così oggi la maggior parte di questi paesi, moltiplicatisi nell’isolamento indotto dalla politica, figliastri in un mondo con pochi figli, abbandonati a se stessi, sono quelli dove non si è registrato nessun caso di Covid-19. Altro che meriti di task force, leoni, espositi e viti! In questo caso loro e i loro predecessori vanno solo ringraziati per le mancate – pur se dovute – attenzioni politico-amministrative pregresse che ne hanno causato l’isolamento e lo spopolamento e che sono state il vero antidoto al contagio,atkakàtz! E anche il titolo di più di vent’anni fa, Viceregno di Napoli, è amaramente ancora più che mai appropriato: doppio atkakàtz!

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