La genesi della bozza ritirata (ma che non si sa se e in cosa sarà modificata) messa a punto dal centrodestra è dell’1 dicembre 2016. Intanto dirigenti e primari vivono stati d’animo agitati e malesseri per l’incertezza sul loro futuro. Il ritorno al decentramento sempre più opzione da prendere in considerazione

 

 

 

di Angelomauro Calza

Ancora una puntata sulla vicenda riforma sanitaria, ancora una mezza sorpresa. Diciamo piuttosto una dimenticanza. Ma di quelle che poi in qualche modo pesano. Eggià. Abbiamo detto più volte che la prima bozza della riforma voluta da Leone ricalcava e amplificava quella che era l’idea di sistema sanitario regionale di Marcello Pittella. Ed è sostanzialmente vero e verificabile (salvo stravolgimenti in atto, così come promesso e sbandierato ai lucani). Però andando di poco indietro nel tempo, arriviamo al primo dicembre 2016, che a questo punto diventa una data importante nelle vicende della Sanità di Basilicata: è la data di deposito della proposta di Legge su “Riordino del Sistema Sanitario Regionale di Basilicata” presentata dall’allora consigliere regionale Piero Lacorazza.

l'Assessore alla Sanità, Rocco Leone

l’Assessore alla Sanità, Rocco Leone

In buona sostanza la proposta-Lacorazza  (v.allegato link Deposito-proposta-di-legge-riordino-sitema-sanitario_Cons.-Lacorazza_01122016) aveva anche sulla sanità anticipato alcune scelte politiche, scelte proprio sulla sanità, su cui si sarebbe poi impantanato il Centrosinistra che aveva inqualche modo attinto a sua volta dalla proposta depositata a dicembre 2016. E’ innegabile, documenti alla mano, che fu anticipata all’epoca una impostazione diversa su riorganizzazione aziendale e abbattimento delle liste di attesa. Oggi a distanza di anni è tutto di estrema attualità perché il documento è stato ripreso, come se fosse stato ricopiato (male) e riassunto (pure di fretta dal centrodestra): sembra scopiazzato qua e là. A ben leggere la proposta di legge del 2016, l’idea di due aziende più il Crob appare avere un assetto simile a quello proposto da Leone ma con tre differenze sostanziali: non era una “presa di potere” poiché tutto coincideva con la scadenza dei direttori generali: nessun impaccio quindi nella loro successione, nessuna imposizione, nessuna sostituzione e nessuna nomina di commissari. La seconda: conteneva l’obbligo di approvare un piano sanitario (proposta poi riportata nella legge 2/2017 di riordino ma non rispettata), e infine una transizione gestionale morbida e condivisa con un osservatorio costituito ad hoc (cosa poi presente anche nella legge 2/2017 ma che è stata fatta funzionare).

Marcello Pittella

A dirla tutta, Lacorazza aveva preparato anche un’altra variante possibile alla proposta di riorganizzazione: due aziende provinciali più il CROB. Il quid in più – se vogliamo chiamarlo così – dell’interesse di Lacorazza verso una sanità agile e fruibile e vicina alla gente fu la proposta diventata legge dell’osservatorio per ridurre i tempi sulle liste d’attesa. Chissà se ha mai funzionato. Oggi, visti i casini vari, perché non si adotta un piano straordinario e lo si monitora con l’osservatorio? La pillola di quella legge difficile da digerire per molti è che se i ritardi sono causati dal sistema sanitario anche in intramoenia il cittadino è obbligato a pagare solo il ticket.

Lacorazza in diretta su FB

Lacorazza in diretta su FB

Anche questo indirizzo, su proposta di Lacorazza è stato approvato dal Consiglio Regionale. Un toccasana per ridurre i tempi di attesa e le prenotazioni al San Carlo? Macchè. Qualcuno avrebbe mai potuto predire che un giorno (oggi) tutto questo sarebbe divenuto di grande attualità? E si sarebbe scoperto uno dei più grandi bluff della storia politica regionale, con il centrodestra che spaccia per sua una proposta documentata e provata come “doppio made in centrosinistra”? Lacorazza o Pittella che sia? Certo, la filosofia che anima tutti e tre i modi ( due e mezzo, meglio…) di intendere la sanità regionale sono tutti da verificare per attuazione e capacità di funzionamento, ma resta il fatto che, giuste o sbagliate che siano, non sono idee partorite dal centrodestra: forse in un caso potremmo definirlo “affidamento condiviso” più che figlio naturale. E comunque, se proprio il centrodestra vuole riprendere una vecchia proposta (non è capace di partorirne di diverse? O non vuole ritenendo le vecchie come valide?) perchè non la ricopia per bene e cambia solo le date e la firma in calce? Almeno si fa prima e non si incorre in infortuni vari, tipo quello di non indicare già nella legge le sedi di Astur  e Distretti, diamine! Però, se ancora non funziona l’accorpamento dei tre ospedali di Lagonegro, Melfi e Villa d’Agri con un San Carlo inadeguato e insufficiente, se questa intesa si deve ancora strutturare, e si introduce un ulteriore elemento di rottura con l’assorbimentoulteriore degli ospedali di Matera e Policoro, come si può pensare che tutto si risolva come per magia e il sistema sanitario lucano diventi eccellenza? E, se davvero la riforma sarà attuata in tempi brevi, chi andrà a dirigere sapendo che dovrà ripartirsi tra riorganizzazione e gestione dell’emergenza Covid, forse meno emergenza di qualche settimana fa, ma sicuramente ancora emergenza? Ce la farà? Se la sentirà? Saranno per lui gioie o dolori? E nel frattempo, se Dirigenti e primari corrono il rischio (per esubero) di perdere il posto in funzione della futura, ipotizzata, nuova legge di riforma, con quale stato d’animo operano? Se non sanno che fine faranno, come lavoreranno mai? Psicologicamente queste persone vivono o no un momento di incertezza? E che ripercussioni ha questo stato d’animo sulla loro attività? Perchè nella bozza non si è lasciato al Piano sanitario regionale la definizione dell’organizzazione sul territorio (come invece previsto dal Disegno di legge di Lacorazza)? Quando accorpi, non devi ben delineare funzioni e compiti e pianificarne le attività e le strutture organizzative e gerarchiche?  E se non rafforzi la medicina del territorio, come fai a fronteggiare situazinoi come l’emegenza Covid, che avrebbe avuto bisogno come il pane di essere gestita dalle strutture sul territorio, con maggiore vicinanza ed efficienza alla gente? Di sicuro c’è anche un’altra cosa: La proposta di Lacorazza aveva previsto che l’Azienda Sanitaria fosse ubicata a Matera. Almeno a Potenza si erano messi l’anima in pace e nessuno malignava che la sede sarebbe potuta essere individuata in un secondo momento (magari preelettorale, agosto o settembre), essere oggetto di trattative politiche per spartizioni ai danni dei territori. Intanto, a fronte di queste tante incertezze, resta sul tavolo l’opzione più condivisa dalle periferie: il ritorno al decentramento, con potenziamento conseguente di strutture e assegnazione di funzioni alle Aziende Sanitarie che evitino la dipendenza dal San Carlo, che potrebbe arrivare all’implosine se si continua a pensarlo come contenitore unico non della sanità lucana, ma dei problemi della sanità lucana.

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