Bibi Bianca, palermitano, è scrittore, autore per il teatro, regista e attore. Tra le sue opere teatrali: E fecero l’Italia; Opera buffa; il Decamerone. Tra i suoi scritti: Da papa Damaso a Clemente IX. Il godurioso regno di infallibili peccatori, santi ed eretici; Il ladro di Palermo, Briganti, Pensiero Bandito, Cartouche, Il ladro di cannoli. Vive tra Palermo e il Brasile

di Bibi Bianca

Chiacchierarono per tutto il tragitto. Scesero dall’autobus all’Arenella dove la zia di Ezio aveva una casetta di due vani sotto la montagna, a cento metri dal mare.

Camminavano spediti. A tratti gettavano uno sguardo indietro, in direzione di Ino che si muoveva impacciato tra gli scogli, impedito dalla canna da pesca e dai secchi di plastica. Ogni tanto si fermava. Con la mano libera si ravvivava i capelli, si allisciava la barba, quindi  metteva a imbuto le mani per richiamare gli amici che tutti allegri tiravano dritto.

Le alghe emanavano un odore di uova marce sotto il pallido sole invernale e il mare era calmo, chiuso dagli scogli e dalla lunga striscia di terra che tagliava l’acqua in due.

Scelsero un punto pianeggiante dove sabbia e alghe avevano creato una specie di cuscinetto tra le rocce affioranti. Poi, dopo un’ora passata senza prendere un solo pesce, cambiarono zona. E la cambiarono ancora altre due volte sino a quando decisero che non si sarebbero più spostati dal luogo prescelto. Stavolta la fortuna dei principianti fu con loro e li premiò con quattro caponi e un grongo. Tornarono a casa tutti esaltati, le camicie fuori dei pantaloni, urlando e sputando.

Sistemarono il pesce in frigo, dentro un’insalatiera. L’avrebbero fatto alla griglia l’indomani, a pranzo, e per quella sera si accontentarono di Simmenthal e tonno in scatola.

Fu il Monaco alzato di prima mattina, con gli occhi ancora impastati di sonno, a fare la scoperta. Aprendo il frigorifero, vide il grongo saltellare tra i cadaveri dei caponi molto più grossi di lui. Rimbalzava tra un bordo e l’altro del piatto come se prendesse ogni volta la rincorsa per tentare il salto; fallito il tentativo si fermava un attimo, il tempo di riprendere fiato, quindi riprovava con più vigore.

– È vivo. Il piccoletto è ancora vivo!

Poi si mise a urlare al miracolo  ché  Dio è buono e ama i pesci.

Fu mandato a quel paese e si beccò più di una cuscinata.

Si ritrovarono tutti in cucina.

Eccitati, rimasero un bel pezzo a guardare il grongo; alla fine, all’unanimità, decisero che un tale combattente per la libertà non poteva finire in padella come dei volgari caponi. Lo rimisero in un secchio per metà pieno d’acqua e lo trasportarono sulla piccola spiaggia.

Lì, dopo averlo congedato con l’inno di Garibaldi ( quello di si scopron le tombe, si levano i morti) e la mano sopra il petto, lo restituirono al mare.