di Angelomauro Calza

17 novembre 1878. Fu quel giorno che Giovanni Passannante da Salvia iniziò il suo calvario. Per un gesto dimostrativo, un tentativo di ferire il re Umberto I° in visita a Napoli, mentre passava tra due ali di folla nella sua carrozza. Ma che poteva mai fargli di male un coltellino? un taglio, uno strappo nella giacca… al massimo avrebbe preso un’infezione, come successo a Benedetto cairoli che fu copito al posto suo ad una gamba (v. capitolo sul processo che sarà pubblicato alle 12 ndr). era un coltellino da 8 soldi, quindi piccolo, e precisiamo che 8 soldi è la lunghezza della lama, nonil costo del coltellino. A rirpova nei Quartieri spagnoli a Napoli, in Vico Tre Re c’è ancora oggi un’ottima pizzeria che si chiama 7Soldi: perchè fu “conquistata” alla fine dell’800 al termine di un duello che vinse un pizzaziolo proprio grazie a un coltello lungo 7 soldi. E oggi sono 140 anni da quel giorno. E 11 anni da quando le spoglie di Passannante furono forzatamente e sciaguratamente traslate nel cimitero di Savoia di Lucania. La storia la trovate nell’alegato file del mio libricino “Io, uno come voi” – riflessioni di Giovanni Passannante, che troivate qui: IO, uno come voi. Quel che mi preme in quesato giorno sottolineare è l’avverarsi della profezia che io con il professor Giuseppe Galzerano e il criminologo Antonio PArente facemmo all’epoca: tumulando Giovanni Passannante a Savoia di Lucania, nelsuo paese natìo, sì, ma che porta ancora il nome di chi lo condannò perchè suo bersaglio politico, è stato come ammazzarlo una seconda volta, ed è stata seppellita con lui anche la sua sotria, visto che non ne parla più nessuno. Mi giunge voce – e per questo non posso che gioire – che un gruppo di audaci e passionali salviani (sì, gli abitanti di Savoia si chiamano salviani, da Salvia, il vero e primo nome del paese) sta iniziando a riprendere il discorso che ruota intorno alla opportunità o meno di ritornare all’antico toponimo di Salvia, che sarebbe da una parate cosa buona e giusta, ma che potrebbe non incontrare i favori della maggioranza degli abitanti del paese. E’ una operazione culturale, di riappropriazione di identità e di riapertura di un dibattito che non può essersi esaurito con il ritorno delle spoglie di Giovanni Passannante. Si può fare ben poco per lui come persona, ormai, ma si può fare molto invece per custodire la sua storia e le sue memorie e raccontare a chi non lo conosce quest’uomo che ancora oggi non è chiaro se sia stato un pazzo, un anarchico, un socialista o un riformista ante litteram. Eggià, perchè quel che lui predicava e propugnava attraverso il suo “Vangelo” (che trovate nel libro) non possono che essere considerate vere e proprie entità riformatrici del sistema dello stato dell’epoca. E se il Vangelo si conclude con il suo appello a “procedere contro i rivoluzionari”… beh, chi più repubblicano di lui? Ricordiamolo allora questo grande uomo, che ancora oggi si vede mortificato da quello stesso sindaco che lo ha fortemente difeso, elogiato e voluto in paese anni fa, nel cimitero, con il contentino di un contributo per ristrutturare il Castello per poi destinarlo a Mueso  e non ha ancora provveduto ad intitolargli una via, una piazza, uno slargo, un vicolo… altro che “umana pietas” come predicava all’epoca!… qua si sono venduti Passannante “per un pugno di dollari”! …e hanno ammazzato la storia. Statte bbuon’ Giuà, poi se sarà, tra cent’anni, gliele canti faccia a faccia a tutti quelli che ti hanno voluto ammazzare due o tre volte, ma soprattutto sottoporti all’umiliazione di non riposare in pace.