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L’autointervista-redazionale: un candidato si racconta
Paolo Galante
Candidato al Consiglio regionale della Basilicata per
Il Partito Socialista Italiano
Paolo Galante, avvocato amministrativista, lucano per scelta, consigliere regionale uscente, già vicepresidente del Consiglio Regionale, padre di tre ragazzi due dei quali hanno studiato presso l’università di Basilicata, il terzo ha scelto una facoltà non presente a Potenza. Si dice “convintamente lucano”.
Ma le sue origini?
Io sono nato a Palermo, sì, ma ho 50 anni di lucanità sulle mie spalle.

Paolo Galante
Consigliere uscente, quindi una persona già esperto dei meccanismi della macchina amministrativa. Conoscendo quindi vizi e virtù dell’Ente Regione, con le sue potenzialità espresse ed inespresse, qual è la prima cosa che deve essere per Lei una priorità assoluta, una questione da affrontare immediatamente in caso di elezioni?
Io proverei a definire un grande piano per il lavoro e per l'occupazione. Ritengo che tutto ciò sia raggiungibile attraverso un’attività di manutenzione sul territorio della Basilicata. Dobbiamo intervenire sulle infrastrutture, sul patrimonio pubblico, dobbiamo intervenire nel dissesto idrogeologico, sugli assi fluviali di questa regione. Tutto questo ci permetterebbe in un arco di tempo che io provo ad immaginare non minore di 5 anni, di poter occupare gran parte della manodopera oggi in disoccupazione che è, ahimè, una disoccupazione non qualificata.
Questo significa, se mi è consentito dirlo in poche parole, che nel dare occupazione in questo piano bisogna lavorare parallelamente nel preparare il nuovo mondo, quello dell’innovazione. Bisogna dunque rafforzare le scuole professionali, mettere i nostri giovani nella condizione di avere qualifiche e specializzazioni che siano attrattive per poter inserirsi nel mondo del lavoro che ormai non è più un mondo che guarda alla propria città, alla propria provincia, o alla propria regione. Il palcoscenico è molto più ampio e i nostri ragazzi dovranno avere la capacità di lavorare in Basilicata ma anche in Lombardia o in Germania, carpire tutte le esperienze per poter tornare in una Terra che potenzialmente ha tante possibilità di lavoro se solo noi ci convinciamo di non essere più sudditi e sconfitti. Essere meridionali non è una sciagura, siamo delle potenzialità inespresse e possiamo fare molto per noi e per l’Italia.
Il mondo del lavoro ha un parallelo, un altro mondo, quello dell’attesa e dell’aspettativa di lavoro e della disoccupazione. Tra poco saranno pagati i primi sussidi del reddito di cittadinanza, saranno caricate le prime card. Ma in Basilicata c’è già uno strumento simile, chiamato reddito minimo di inserimento, di cui Lei è stato uno dei firmatari della proposta di legge che poi è andata in porto. Cosa accadrà adesso?
Io penso che i lucani che si trovano in una condizione di bisogno continueranno a scegliere il nostro reddito di inserimento. La differenza è minima se si considera che i 780€ di base del reddito di cittadinanza hanno una quota parte di 280€ che è destinata al pagamento dell’affitto per cui in effetti l’assegno mensile sarebbe di 500€. Il nostro reddito di inserimento va da 450€ a 550€.
Le misure si equivalgono, solo che l’accessibilità alla misura varata dalla Regione Basilicata è molto più semplice, mentre il reddito di cittadinanza pone una serie di paletti, alcuni assolutamente incomprensibili come l’aver acquistato una macchina di cilindrata superiore a 1600cc anche vent’anni fa. Il solo fatto di possederla ancorchè abbia vent’anni, preclude questa possibilità. Il fatto di aver da parte più di 5.000€ in banca preclude l’accesso al reddito di cittadinanza, come pure possedere un motoveicolo superiore a 250cc, e potrei citare altri casi. Voglio dire che i paletti che sono stati inseriti sono tali e tanti che io credo, ma ne ho la sensazione tangibile, che i lucani che sono assistiti dalla nostra misura continueranno ad esserlo perchè la ritengono ormai rodata e capace di cogliere l’obiettivo finale. Il reddito minimo di inserimento non va letto da solo, ma interpretato con tutte le misure che girano attorno, bandi pia, bandi mini pia, bandi per il turismo, per il commercio, per l’agricoltura, per gli over 35, bandi per ragazzi diplomati e laureati under 35, un complesso di misure accanto all’assistenza in modo da poter, attraverso i finanziamenti che abbiamo dato alle imprese, creare nuovi posti di lavoro e recuperare queste persone al mondo del lavoro. Di queste cose mi pare non ci sia traccia nel reddito di cittadinanza.

Paolo Galante
Quindi queste misure creano opportunità di lavoro reale, mentre nel caso del reddito di cittadinanza se non ci sono interventi progettuali collegati, i navigator dove lo trovano il lavoro da proporre ai percettori della misura assistenziale?
Il tema è semplice. Se non c’è il lavoro chi te lo trova? Noi abbiamo creato le misure nei limiti delle potenzialità che aveva la Regione Basilicata, per creare posti di lavoro e abbiamo foraggiato ampiamente le imprese perchè ciò accadesse. Ci aspettiamo un ritorno occupazionale.
Gioie e dolori di tutte le regioni d’Italia sono gli ospedali, la sanità, tutto il sistema sanitario. La Basilicata non è esente, la questione è molto delicata, abbiamo assistito anche a diversi momenti di protesta e di lotta per la difesa sul territorio di alcuni presidi ospedalieri, abbiamo assistito all’istituzione degli ospedali unici, dell’accorpamento delle ASL e quant’altro. Però quello che ancora oggi i politici chiedono e promettono è una riforma del sistema sanitario in Basilicata, cosa che con l’ultima amministrazione, quella della cosiddetta giunta Pittella, non si è ancora realizzata, ma il problema resta sul tappeto. Il suo pensiero in merito.
Il tema è offrire una sanità di qualità a tutti i lucani e anche ai cittadini delle regioni contermini perchè noi abbiamo una grande fortuna, siamo cuore del Mezzogiorno, cerniera con altre tre grandi regioni, Campania, Puglia e Calabria, pertanto dobbiamo ottimizzare la nostra sanità, e come lo si fa? Intanto migliorando la qualità degli ospedali principali dei due capoluoghi. L’ospedale di secondo livello che è il San Carlo di Potenza, e l’ospedale di Matera che è un ospedale di primo livello. Dopodiché dobbiamo avere una sanità di territorio che dia garanzie di qualità. Tutto questo sarà possibile si, coniugando il sistema sanitario che è un sistema largo sul territorio. Si parte dal 118, si passa attraverso le guardie mediche, si arriva ai medici di famiglia, e si giunge poi agli ospedali territoriali che sono quelli di immediato intervento, per esempio Policoro, Lagonegro, Melfi, Villa d’Agri, e i due ospedali operativi che sono quello di Matera e di Potenza. Tutto questo ha un senso se noi avremo 100 posti nella facoltà di medicina e di chirurgia da insediare a Potenza, all’Ospedale San Carlo, perchè noi abbiamo la necessità che accanto agli ospedali qualificati ci sia un policlinico universitario e le specialistiche. Questo garantirà una presenza significativa di medici e ricercatori di qualità che possono cambiare la sanità lucana che oltre alle cose appena dette si fa anche di tutte le imprese che operano nel settore sanitario e che
sono accreditate nel sistema sanitario regionale. L’opera è complessa ma va fatta da subito, dal primo giorno di mandato del nuovo Consiglio regionale. Queste riforme non si fanno all’ultimo anno di legislazione, ma si fanno all’inizio e vanno tarate, misurate negli anni successivi, con gli aggiusti necessari, parlando con i corpi sociali, con i sindacati, le comunità, i cittadini, con tutti coloro che interagiscono o operano col sistema sanitario. Va anche detto, a precisazione, che la facoltà di medicina e chirurgia in Basilicata va pagata da Eni, Total e Shell che dal territorio della Lucania ricavano profitti significativi e siccome nel 2019 vanno riscritti i patti che vanno a
scadenza, una delle cose da fare senza mettere in campo modifiche alle royalties e altro è questa.
Questo dovrà essere ad assoluto carico delle compagnie petrolifere.