L’ex vice segretario socialista intravede in un “Patto per la governabilità” la via per la costituzione del nuovo Governo
di Angelomauro Calza

Dire che l’Italia stia vivendo un difficile momento per quanto riguarda la politica interna sembrerebbe in questi giorni addirittura un eufemismo: non si riesce a trovare una formula che possa portare all’insediamento di un Governo credibile e solido per effetto dei veti incrociati trasversali causati dai rapporti di forza sanciti dalle urne. Su questa delicata e confusa fase post elettorale, che manifesta grosse difficoltà che non consentono di giungere ad una soluzione condivisa per poter dar vita alla formazione del nuovo Governo, Angelomà ha sentito Claudio Signorile, autorevole voce del socialismo italiano di fine novecento di cui fu vice segretario fino al 1981, più volte ministro e sostenitore convinto di quella “democrazia dell’alternanza”.

Claudio Signorile

Claudio Signorile

Si continua nei giri di consultazione. L’impressione è che la situazione attuale sia di stallo

Se si pensa alla soluzione di Governo come a una soluzione fondata su un accordo politico non si va davvero da nessuna parte. Perché la realtà testuale costringe ciascuna delle tre posizioni a una battaglia di identità che non ha compromessi. Quindi il centrodestra deve presentarsi a qualsiasi costo con Salvini come una identità unica, altrimenti perde il titolo di maggiore forza politica, i Cinquestelle devono continuare ad essere un elemento estraneo alla vecchia politica e quindi non disponibile a quelli che sono accordi di mediazione e soprattutto il PD deve recuperare quella forte identità progettuale che era quello che doveva caratterizzarlo e che in parte lo ha caratterizzato negli anni passati. Quindi qualsiasi persona che rifletta su queste cose si renderà pienamente conto che la strada dell’accordo politico è una di quelle che non porterà da nessuna parte.

E allora quale potrebbe essere questa strada che porti a uno sbocco per questo momento di impasse?

Bisogna tenere fuori e sviluppare le conseguenze non politiche dell’ipotesi di lavoro che ha fatto Di Maio sul cosiddetto “contratto di governo”. Cioè: ci può essere la definizione di un contratto di Governo fatto di alcuni punti di programma essenziali per il Paese che viene sottoposto al voto del Parlamento. Non accordi precedenti, non maggioranze precostituite, non soluzioni concordate, ma una presa d’atto nel Parlamento di un programma modesto, un programma di governo finalizzato.

Quindi, sostanzialmente, un Governo a termine? 

Claudio Signorile

Claudio Signorile

“A termine” non esiste nel linguaggio istituzionale. Questo sarebbe un Governo che nasce direttamente dal Parlamento e non dagli accordi tra le forze politiche. Una cosa simile la facemmo nel ’76 con il “Governo della non sfiducia”: non ci fu nessun accordo politico precedente, ma una presa d’atto di un programma e di un metodo di lavoro sul quale le forze politiche non si schierarono contro. Neanche a favore. Ecco la “non sfiducia”. Questo per sorpassare questa fase assolutamente di stallo. Ma lo stallo è dovuto al fatto che si cerca di attribuire un percorso politico a una situazione che è diversa da quella che noi stessi pensiamo, nel senso che ciascuna delle forze non è disponibile ad essere alleato subalterno dell’altra.

Quindi la causa, l’origine del problema, potrebbe stare nelle coalizioni. Se non si fosse andati alle elezioni con delle coalizioni…

Ma le coalizioni se uno le vuole fare sono inevitabili

Ma senza la coalizione di centrodestra, per esempio, Salvini avrebbe teoricamente già potuto allearsi con il M5S

Sì. SU questo e messa così hai ragione. Ma avrebbe potuto solo la Lega svincolata da FI e dalla Meloni. C’è da chiedersi però se i numeri poi ci sarebbero stati, per far questo. E quindi è una valutazione che deve essere fatta tenendo conto del ragionamento di prima: l’esigenza del Governo oggi non è una esigenza politica, ma una esigenza tecnica una esigenza istituzionale, quindi affrontiamola con le armi che le Istituzioni ci consentono. Cosa ci dicono la Costituzione e la consuetudine? Che è il Parlamento che vota la fiducia al Governo. Noi l’abbiamo interpretato per tanti anni come la conseguenza di un accordo politico tra i partiti. Questo oggi non è possibile.

Manca probabilmente una forza di equilibrio e di mediazione che faccia da cuscinetto tra opposti estremismi?

La mediazione avviene quando c’è chi vuol essere mediato. Questa situazione non è così: non vuol essere mediato il PD, non vuol essere mediato il M5S non  vuol essere mediato il centrodestra, che altrimenti si sfascia.

Claudio Signorile

Claudio Signorile

Quindi unica soluzione questo accordo di programma…

Sì. Quella di ragionare su una soluzione che nasce dal Parlamento. In questo il Presidente della Repubblica può utilizzare al meglio i suoi poteri. Lo ha fatto – a mio parere molto male, ma lo ha fatto – il Presidente Napolitano con la soluzione Monti, lo fece tanti anni fa Einaudi quando dette l’incarico a Pella, lo ha fatto Segni con Tambroni. La soluzione non deve avere carattere politico.

Una sorta di dichiarazione d’intenti …

Sì. Una specie, ma qualcosa di più, e la si porta alle Camere senza che nessuno si impegni politicamente. Il discorso della “non sfiducia” significava questo: si votava la non sfiducia, non la fiducia, Cioè, non era un voto positivo.

In questo momento delicato anche per la politica internazionale, l’Italia è sul campo con una reggenza: quanto può pesare negativamente questa situazione?

Beh, non esageriamo. Oggi la politica estera non ci vede protagonisti. Noi non siamo un Paese che decide, siamo un Paese che fa parte delle alleanze e che mi pare che in questo momento abbia al suo interno una maggioranza di gente che queste alleanze le vuole rispettare e mantenere. C’è sull’Europa una posizione diversa, qualcuno ha fatto notare che la maggioranza delle forze degli eletti in Parlamento sono stati eletti su un linguaggio antieuropeista, però la Nato come punto di riferimento non è stata messa in discussione da nessuno, quindi non ci sono fattori tali da richiedere un’emergenza. Il vero problema è più economico. Noi siamo un Paese estremamente sensibile alla finanza internazionale perché siamo un Paese con un alto debito pubblico e che deve andarsi a rifinanziare il debito ogni mese sul mercato. Quindi dobbiamo avere una credibilità e un equilibrio, non possiamo permetterci di essere un Paese dispettoso.

Quindi intravede sullo sfondo più probabile una soluzione, quale che sia e possibilmente la migliore possibile, o un ritorno alle urne?

Credo che non convenga a nessuno tornare alle urne, mentre conviene a tutti una fase di passaggio in cui il Governo del Paese non si identifichi con una maggioranza politica. Dobbiamo capire che c’è una fase, speriamo non lunga, in cui il Governo può non identificarsi in una maggioranza politica. Ciascuno dei partiti esprime e sviluppa il suo progetto, ma il Paese viene governato con il “permesso”, il “via libera” che in sede parlamentare viene data.

Una sorta di patto di non belligeranza…

Beh… un patto di governabilità… ecco… Consentire la governabilità. Mi pare sia la cosa più sensata e corretta.