Tante discussioni sulla statua della Spigolatrice di Sapri e sulla condanna di Mimmo Lucano: o la pensi come il gregge o sei messo fuori dal giro. Quale? Quello degli amici di qualche radical chic che per fortuna ti ha rimosso dai suoi fedeli e sodali. Io procedo “tandakatzemente”.
di Angelomauro Calza
Quanto contano oggi le opinioni non allineate con il pensare comune espresso sui social? Quanto conta la corsa al falso scoop, quella che ti mette la fregola di essere il primo a postare un giudizio su un qualunque fatto degno di attenzione sia accaduto senza prima riflettere? E chi stabilisce pure che il fatto sia degno di questa attenzione?

SAPRI – La Spigolatrice della discordia
Non ha importanza. Importante è “esserci”, postare, commentare, criticare, sull’emozione del momento, spesso senza pensarci su, mossi solo da appartenenze politiche o associazionistiche, dall’essere uomo o donna, dal dar man forte a un amico o un’amica schierandosi dalla sua parte o – peggio – così come si è schierato, senza chiedersi né il come né il perché: vale il “mi piace di gregge” (spesso basterebbe aggiungere un “per me” ad un post per sentirsi comunque liberi e rispettare la libertà di pensiero degli altri, come giustamente fa notare Paolo Bonomo su Facebook). E in questo gregge tuttologista facebookiano ci sta qualche pecorella che negli ultimi giorni, per una serie di commenti da me postati che andavano – appunto – in direzione contraria al gregge (a dire il vero mi capita spessissimo…) ha pensato bene (e ha fatto benissimo!!!) di cancellarmi dai suoi amici. Grazie! Io non riesco a farlo, non riesco a cancellare un’amicizia perché qualcuno ha espresso un pensiero diverso dal mio. Il motivo del contendere? Più di uno. Il primo riguarda la statua della Spigolatrice svelata nei giorni scorsi a Sapri. Il pensare comune è che sia scandalosa soprattutto per il suo culetto, evidenziato da un effetto-vento che le fa aderire le vesti al fondoschiena. Sarebbe una chiara espressione sessista, che vedrebbe ancora una volta rappresentata la donna oggetto.
Ok. Emozione del momento di radical chic in cerca di visibilità che hanno preso come supporto al loro pensiero un tweet di Laura Boldrini, rilanciato a velocità supersonica. “Le spigolatrici non vestivano così” hanno tuonato in tanti, ed è iniziata la discussione sui social: beh, non c’è che dire, una motivazione validissima! La sostengo anche io, perché le spigolatrici davvero non vestivano così…quando vestivano… infatti quella è una sottoveste, la spigolatrice si era spogliata o stava rivestendosi. Mò nessuno mi venga a dire che una spigolatrice aveva la peculiarità di andare a letto (in ogni senso) con i vestiti! E qualche attinenza con i fatti storici ce l’ha davvero, se pensiamo che i trecento celebrati dal Mercantini erano per lo più galeotti che non vedevano una donna da mesi e che le spigolatrici, spesso per necessità, appartenendo alle fasce più povere della popolazione dell’epoca, erano costrette dall’indigenza (costrette, sottolineo, non iniziamo un’altra solfa mò…) a vendere qualche minuto di piacere ad uomini anche sconosciuti. Se aggiungiamo che è però un personaggio di fantasia del Mercantini, ecco che la Spigolatrice figlia dell’altra fantasia, quella di Emanuele Stifano, ci sta tutta. Certo, avrebbe potuto scolpirla in abiti coprenti, più grassa, più brutta. Certo, perché no? Ma perché non così come l’ha immaginata? Se Mercantini immagina nella sua poesia un Pisacane biondo mentre era con capelli e barba scuri, immagina e descrive una Spigolatrice in possesso di una vista da far invidia a Superman, che da Sapri riesce a vedere la barca che arriva a Ponza e poi riparte… perché Stifani non può vedere e rappresentare la spigolatrice non in abiti da lavoro, ma in sottoveste, con il viso che esprime il dispiacere (magari dopo aver dato piacere), lo sguardo perso verso chissà dove (forse quella Certosa che decretò la fine della spedizione di Pisacane)? L’ho scritto e lo ripeto: se qualcuno rivendica patriottismo e guarda il culo di una statua (un ex studente di Sapri ha scritto addirittura che induce all’onanismo!!!) a non star bene è lui, non Stifani. E nessuno ha avuto il coraggio di ipotizzare che la Boldrini quel tweet lo ha scritto per criticare la presenza di Giuseppe Conte alla cerimonia: a che titolo era lì? Ecco, questa era ed è la vera domanda, non il perché si intravvedesse un fondoschiena in una statua! Ma evidentemente per non turbare equilibri di alleanze e di governo la Boldrini ha scelto di sollevare polemiche per induzione, lei che nel 2019 a Verona predicava libertà di espressione mentre era in posa accanto alla statua di Giulietta.

Mimmo Lucano
E veniamo a Mimmo Lucano. Anche io sono rimasto sconcertato dalla sentenza che lo ha condannato a 13 anni di carcere. L’onda emotiva del momento immediatamente successivo alla condanna sui social era per lo più di sgomento e di accuse verso un giudice e una sentenza che nessuno immaginava. Con il passare delle ore qualcuno ha anche tirato fuori l’appartenenza politica di Lucano e quella del giudice che lo ha condannato. Io non conosco, noi non conosciamo ancora le motivazioni della sentenza, ma resta il fatto che se siamo cittadini onesti e che rispettano le leggi e lo stato non possiamo condannare sui social e sui media e ocunque sia chicchessia, tantomeno un giudice, e soprattutto dobbiamo farci una ragione della condanna. La cosa ha aspetti più profondi e il fulcro del ragionamento non possono essere un giudice né Mimmo Lucano, salvo utilizzarli e sostenerli come esempio di una Giustizia che evidentemente in Italia non è ancora giusta. Una Giustizia che ha condannato tempo fa a 13 anni anche il fotografo Fabrizio Corona. E’ il sistema giudiziario che va cambiato e messo in condizioni di esercitare realmente giustizia, non utilizzando magari semplicemente la calcolatrice per sommare o sottrarre anni e mesi di carcere nel caso in cui si sia giudicati per più reati contemporaneamente. Ma fino a quando questo cambiamento non avverrà (e può avvenire solo per legge), purtroppo – e dico purtroppo – a Mimmo Lucano per ora resteranno sul groppone i 13 anni che gli sono stati inflitti (ancora non è condanna definitiva, è bene ribadirlo), così come sono stati tanti i casi analoghi negli anni passati, e altri sicuramente ne dovremo registrare: i giudici per me meritano fiducia, sono giudici e come tali devono applicare le leggi, e se le leggi sono quelle che sono e il sistema giudiziario è quello che è, fin quando non ci sarà un Parlamento che legifererà in maniera diversa, si trovano costretti ad applicarle così come sono, piaccia o meno. Non sono i giudici che non danno fiducia, ma il sistema giudiziario vigente che i giudici devono rispettare e spesso, subendolo, ne sono le prime vittime. In questo senso – ma solo in questo senso – la sentenza che ha condannato Mimmo Lucano è giusta e quindi non discutibile. I giudici applicano le leggi, le leggi le fa il Parlamento, i parlamentari si lamentano dei giudici… e i cittadini onesti spesso sono vittime di questo gioco, e ancora più spesso di questo gioco si avvalgono i colpevoli: non c’è certezza neanche della pena. Il Partito Socialista Italiano nel 1987 aveva visto giusto, insieme a Radicali e Partito Liberale. Il referendum dell’epoca era piú che mai aderente alla necessità di una giustizia giusta e i risultati premiarono i promotori, con l’80 per cento dei votanti che sostennero le ragioni referendarie: tempi che non tornano, questioni che resistono negli anni. Il problema sta a monte, e non è di facile soluzione, nonostante sia vissuto come tale in maniera bipartizan, da destra a sinistra. Pensate un po’: tutti si lamentano di questo sistema, giudici compresi; destra e sinistra lodano o crucifiggono i giudici a seconda di chi la sentenza da loro emessa assolve o condanna. I giudici si trovano costretti a giudicare secondo legge, in un sistema che non piace a nessuno, ma nessuno di chi potrebbe intervenire lo fa, si limita a giudicare giudici e sentenze! E così, in questa Italia dove chi delinque continua a farlo, chi emette sentenze le emette per obbligo, pur cosciente della sostanziale ingiustizia della sentenza stessa, dove per legge (e non secondo i giudici) le condanne sono spesso inversamente proporzionali al reato commesso, sui social ci si divide per giorni tra destra e sinistra… per il culo di una statua! E ad innescare tutto questo è stata una ex Presidente della Camera dei Deputati! Una statua e un ex sindaco oggetto di discussione sui social per non parlare dei veri problemi che ci sono alle spalle: da una parte l’inopportuna presenza di un leader di partito a una manifestazione, dall’altra la grave situazione in cui versa la giustizia in Italia. Ma allora come li risolviamo stì problemi? Beh, per esempio, togliamo l’amicizia su Facebook ad Angelomauro Calza, quel coglione bastian contrario, e a quelli come lui. E allora così sia: me ne vado al mare a Sapri “tandakatzemente” e… Viva le spigolatrici senza culo!
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angelo calza,se un letterarato di primordine,uno che spiega e fa capire le cose che dice,appartieni ad un ‘insieme…fuori dal gregge
grazie
Hola. Stavolta hai fatto centro. Tra il culo artistico che idealizza una donna calabbbrese e la Giustizia merito di micidiali ristorni quanti illusosi si sono dilungati in STEREO tipi commenti. Ma sopravvive la miseria di boldrini che non una parola per quel poco che @ hanno cantato i ricchi e Piveri”” complimenti Angeloma. Ti sono debitore ma tranquilli onori i debiti. Con affetto