Dirompente l’impatto del provvedimento varato dal Consiglio regionale su strategie e progetti di centrodestra e centrosinistra. Fondamentali per la governabilità le alleanze post elettorali. Le soglie di sbarramento favoriscono l’entrata in scena di liste singole, come quella che Carmen Lasorella dovrebbe ufficializzare entro fine mese.

di Angelomauro Calza

Premettendo che ciascuno si è già formato o si formerà una sua convinzione sulla qualità della nuova legge elettorale e che non si vuole qui né esaltarla né demolirla, c’è da notare come sia da settimane che su di lei si discute e ci si scorna, così come ci si scorna e si discute su fatti che quotidianamente mutano il quadro politico regionale. Quello che finora è mancato è probabilmente un dibattito attento su cosa sia davvero questa legge elettorale, e sulle eventuali implicazioni che potrebbe avere sui fatti della politica regionale. Si sono verificate delle cose in queste ultime settimane, tante cose, da quando la Magistratura ha ritenuto di intervenire nella politica, sia pur nei suoi poteri, a sconvolgere quelli che erano progetti e strategie già per larga parte definiti. Soprattutto riguardanti il centrosinistra, che ora attende: si attendono sviluppi, per capire se Marcello Pittella è ancora il candidato più forte e spendibile per il centrosinistra. E tutto ruota intorno a lui, a quel che deciderà. Tutto, da destra a sinistra, a 360 gradi: un giro completo, un metaforico “giro di valzer per domani”, come titolava un vecchio LP degli anni ’70 che passavo sempre a Radio Hercules City, di un gruppo pop rock dell’epoca che manco a farlo apposta si chiamava “Arti e mestieri”, con in copertina un paio di scarpette da ballo.

La situazione al 6 luglio
marcello pittella

marcello pittella

Partiamo per gradi. Fermiamo temporalmente il quadro politico  al 6 luglio scorso. Era sostanzialmente questo: Leu era contrario al Pittella Bis, il PD favorevole, in maggioranza, ma tutto sommato spaccato, con Lacorazza apertamente contrario e Santarsiero quantomeno titubante. Nelle intenzioni Marcello Pittella pensava di presentare una grande quantità di liste (dicono 12) con uno sfondamento a destra. C’era infatti, tra le altre, pure l’ipotesi di una possibilità che portasse ad una probabile operazione,

guido viceconte

guido viceconte

anche di lista civica, che vedesse coinvolto il consigliere ex forzista Michele Napoli e altri “pezzi” usciti dal centrodestra, mentre dall’altra era iniziata da tempo una evidente relazione con Vincenzo Taddei  e Guido Viceconte che grazie ai rapporti tessuti con la Lorenzin e con Renzi è riuscito ad ottenere a marzo una candidatura alla Camera.

Pacifico quindi che a livello regionale sarebbero stati contattati entrambi per sostenere anche il Pittella bis, e l’impressine è che difficilmente si sarebbe ricevuto un diniego. Questo era – molto sinteticamente – il quadro prima dell’irruzione della Magistratura sulla scena.

Il quadro politico oggi

Oggi la situazione è che Leu è sempre più contraria al Pittella Bis, mentre nel Pd non solo Lacorazza, ma anche Santarsiero non ci starebbe più e all’interno dell’area Renziana alcuni,

luca braia

luca braia

come Luca Braia e Salvatore Margiotta, dall’inizio della vicenda Pittella sono in sospetto fermento. Per altro verso, Michele Napoli votando la sfiducia a Pittella ha di fatto chiuso tutte le porte a possibili innamoramenti, e anche lui che poteva essere alleato non ci sta più, mentre Guido Viceconte è tornato in Forza Italia. Per di più anche alcuni sindaci stanno riposizionandosi, anche con la Lega, per la paura di non restare dalla parte dei perdenti. “Matrimonio di pupi, fu: sugnu di legnu e nun ponno figliari”.

vito giuzio

vito giuzio

Viene da chiedersi però cosa ci sia realmente dietro questa vicenda, perchè si attende? Perché, forse, c’è un gruppo che per le sue fortune in questi anni si era affidato totalmente a Pittella e al Pittella bis, ma che ora si è fatto i conti della serva giungendo alla conclusione che a sinistra se i voti non glieli dà Pittella… chi glieli dà? Allora che fa? Anche perché ci sono Mario Polese e Vito Giuzio, uno oltre che consigliere regionale, segretario regionale del partito, l’altro che è capogruppo uscente: entrambi meritevoli di attenzioni particolari e prioritarie rispetto ad altri, e allora Pittella che fa? Può mai dare sostegno anche ad altri? Ne ha ancora la forza? E Robortella? Se Pittella non gli dà i voti, chi glieli dà? e allora che fa? Che faranno tutti quei sindaci che pensavano che il Pittella bis li avrebbe aiutati? Vuoi vedere che buttano a mare il passato di ferventi sostenitori del centrosinistra e di Marcello Pittella e si rifanno una verginità a destra? Tanto ora va di moda il salto della quaglia… E lo stesso Nicola Valluzzi, che viene indicato come possibile, alternativo candidato presidente, senza l’appoggio di questi stessi sindaci, laddove dovesse essere davvero candidato, come e cosa farà? Insomma, a sinistra pare che stia andando tutto a picco senza ponderazione. A destra invece non si riesce ancora a fare sintesi né sul programma né sui nomi: unico punto comune è che nessuno vuole “vecchi tromboni”, nè “vecchi trombati”, ma, a parte la Lega, se ne intravedono un po’ ovunque.

Vincenzo Robortella

Vincenzo Robortella

La nuova legge elettorale 
(CLICCA QUI PER IL TESTO DEFINITIVO DELLA NUOVA LEGGE ELETTORALE)

Ed ecco che in questo quadro politico accade che si approva una legge elettorale, che potrebbe essere panacea di tutti i mali, ma che attende ancora il nulla osta da Roma, e poi va verificata sul campo, mica è detto che funzioni davvero. Unico dato giudicabile positivo il fatto che una nuova legge sia stata approvata, finalmente. L’impressione principe, a ben leggerla, sembrerebbe  quella che in primis sottragga poteri alle segreterie politiche e alle maggioranze dei partiti, le ridimensiona obbligandole ad accordarsi con le minoranze  (fatto positivo o negativo? boh?).

Per come è strutturata dovrebbero venir meno tre elementi che determinano o dovrebbero determinare una funzione e ruolo di un segretario e di una maggioranza di partito, soprattutto per il partito più grande della coalizione (non importa quale).

Abolizione del listino

Il primo è l’abolizione del listino. Il listino era la carta jolly nelle mani del partito: tu andavi nel partito, sceglievi la coalizione, dettavi la linea e poi sceglievi pure chi inserire nel listino per spaccare le altre formazioni minori che infastidivano. Era il primo luogo in cui una maggioranza e una segreteria di partito potevano determinare delle scelte (fatto positivo o negativo? boh?).

Nessun impegno preelettorale

Secondo. Viene meno un altro elemento di solito in mano ai partiti prima della campagna elettorale, utilizzato per stringere accordi su promesse di coinvolgimenti nell’esecutivo: la formazione della Giunta così come intesa sino ad oggi.

salvatore margiotta

salvatore margiotta

Al di là dell’istituzione del meccanismo della sostituzione, che vige già in Molise e Lombardia, introdotto per aiutare la funzionalità del Consiglio, è chiaro ed evidente che il meccanismo della sostituzione spinge politicamente un presidente, un partito, a nominare assessori interni, scoraggiando il coinvolgimento di esterni, anche se tecnici. Se ci sono eletti e primi dei non eletti, se chiami in giunta

michele napoli

michele napoli

un esterno è chiaro che si creano malesseri. Invece, chiamando in Giunta un eletto, si può nominare in Consiglio il primo dei non eletti, che ha preso comunque dei voti, non creando malumori. Quando una legge consente che si entri in giunta per favorire l’ingresso in Consiglio di un altro rappresentante della maggioranza, moralmente si è obbligati sul piano politico a non scontentare nessuno. Così non si ha neanche più la possibilità in campagna elettorale di contrattare posti in giunta da assessore esterno. Quindi Presidente, maggioranza e segretari non hanno più in mano la possibilità di chiudere accordi con impegni di presenza in listino o in giunta. Questo meccanismo ovviamente scontenta quelle maggioranze di partito che hanno pensato di andare avanti ad ogni costo ponendo out out: di fatto diminuiscono i poteri di un partito riducendo al minimo le possibili devianze. (Fatto positivo o negativo? boh?).

Le soglie di sbarramento

Terzo elemento, gli sbarramenti. Il primo è del 3 per cento per una lista che si presenta da sola, che equivale grosso modo a 7.500 preferenze, se teniamo conto che alle ultime regionali hanno votato circa 250.000 cittadini. Poi si verificherà con degli appositi calcoli se basterà per ottenere anche il seggio, ma intanto il primo ostacolo da superare è questo. Non è una cifra irraggiungibile. Secondo sbarramento è quello dell’8 percento, di coalizione. Questo potrebbe creare un problema un po’ di più a Leu, per esempio, che dovrebbe mettere insieme almeno due liste, e dovrebbero ottenere circa 20.000 voti. (fatto positivo o negativo? boh?).

Le ipotesi conseguenti

Leu  – a mo’ di esempio – ha quindi necessità di una coalizione che superi l’8 per cento, e con il solo Antonio Placido non dovrebbe essere possibile, deve quindi trovare una terza formazione forte.

antonio placido

antonio placido

Ecco che allora il terso alleato di coalizione potrebbe essere, per esempio, la minoranza di un grande partito, in condizione di spostare almeno 15.000 voti, e, per esempio e nella fattispecie, il PD. Una minoranza (Lacorazza e Santarsiero per meglio chiarire)  che qualora non raggiungesse un accordo interno forte, potrebbe fuoriuscire per andare proprio con Leu o per correre da sola, certa – grazie ai meccanismi della nuova legge – di ottenere posti in Consiglio anche se a discapito della vittoria del centrosinistra. I ragionamenti di questi giorni stanno sfuggendo da questo dato fondamentale, e i ragionamenti valgono per la destra e per la sinistra: con questa legge non ci sono più le alleanze e le strategie di una volta. Fatto positivo o negativo? boh?… Qualcuno forse ha paura che vengano compresi fino in fondo dalla gente comune  e per questo ha fatto in modo che questi ragionamenti non siano stati sino ad ora esplicitati da nessuno? Forse. Qualcuno ha forse pensato che è quasi certamente per questi tecnicismi che Nicola Benedetto ha pensato bene di farsi una lista da solo? Con questo sistema può essere eletto. Che gli importa se poi non fa il Presidente? Tanto nessuno gliel’avrebbe data questa candidatura, e in coalizione col centrodestra non può andare: anche lui rientra tra i “vecchi” che nessuno vuole, ma lui sa bene che politicamente può essere considerato pure un vecchio trombone, ma conosce bene i modi per non essere trombato.

Le due variabili destabilizzanti

C’è ancora altro. Chiediamoci: a cosa conduce ancora tutto questo ? La legge elettorale determina due fatti importanti, due variabili: una forte frenata al presidenzialismo decisionista, e soprattutto un raffreddamento del sistema maggioritario senza mettere in discussione nei due casi elezione diretta e governabilità. Raffredda il maggioritario perché il sistema delle soglie di coalizione e l’assenza del listino e della giunta in realtà tendono a proporzionalizzare un po’ di più il sistema: se non c’è un elemento di coagulo di un candidato presidente largo e condiviso, con conseguenti nascite di liste autonome, è chiaro che il proporzionalismo aumenta, e allora non siamo più di fronte a coalizioni forzate, blindate, ma ad una novità (fatto positivo o negativo? boh?), perché il sistema della soglia di sbarramento, della assenza del listino e gli equilibri vari legati agli assetti della giunta alimentano in maniera proporzionale il sistema rispetto a quello che era. E potrebbe essere politicamente dirompente, perché in un momento come quello attuale, in cui i soggetti politici si stanno riorganizzando e ci sono due poli, la riorganizzazione del sistema politico lo porterebbe ad essere stabilizzato da questa legge che frena il presidenzialismo perché ci sono premi di maggioranza graduati.

I premi di maggioranza
Antonio Cappiello

Antonio Cappiello

La prima fascia, sotto il 30 percento, prende 10 seggi più uno, il presidente, quindi 11 su 21: maggioranza risicata. (Questo aspetto del nuovo sistema però risponde anche ai criteri dettati da una legge nazionale che impone che ci sia sempre governabilità, dall’altra è di grande equilibrio, perché la Corte Costituzionale ha raccomandato di non eccedere nei premi di maggioranza). Del resto, se uno vince con il 28 per cento vuol dire pure che ha il 72 per cento contro, quindi è giusto che abbia un premio di maggioranza, ma anche che sia proporzionato ai consensi. Questo vuol dire che il presidente è impegnato a ricercare una maggioranza in Consiglio, allargare la sua maggioranza, ritornare in certo qual modo al parlamentarismo perso nei tempi, ma, mitigando il presidenzialismo, si dà più forza al Consiglio. Poi c’è la seconda fascia che va dal 30 al 40 per cento: si prendono 11 seggi più uno, che tranquillizza un po’ di più, ma obbliga comunque a lavorare per allargare la maggioranza in Consiglio. Sopra il 40 per cento 12 più uno, quindi 13, fino a un massimo di 14 più 1. Oltre non si può. Quindi, anche con il premio di maggioranza, non si hanno certezze di maggioranza se non si ricercano alleanze aggiuntive interne al Consiglio. La frammentazione di cui sopra, difficilmente potrà portare in questa tornata elettorale ad una vittoria con percentuali superiori al 40 per cento, quindi il sistema tende man mano a ritornare in un equilibrio che obbliga un partito a non essere arrogante ed un presidente a non poter essere plenipotenziario (fatto positivo o negativo? boh?).

Carmen Lasorella

Carmen Lasorella

Chi resta, chi entra, chi esce, chi arriva?

Ecco che allora alla luce del ragionamento sino ad ora fatto, diventa difficile anche per Marcello Pittella individuare le certezze che lo possano condurre ad una ricandidatura blindata (al netto delle vicende giudiziarie), perché necessita di grande e forte unità interna al PD, che ad oggi non sembra esserci ancora per le divergenze con Vito Santarsiero e Piero Lacorazza, e anche per chi, nell’ombra e in maniera non manifesta, non vede di buon occhio un suo rinnovato impegno da Governatore.

Vito Santarsiero

Vito Santarsiero

Per altri versi, situazione analoga nel Centrodestra, dove l’unità non è ancora realtà e sembra lontana per altre motivazioni, ma sanno bene Cappiello, Moles e Rosa che questa delle elezioni prossime è una occasione più unica che rara per poter scalzare il centrosinistra dai posti di comando di Via Anzio, e non va sprecata, tant’è che la stessa dichiarazione di pace di poche ore fa di Gianni Rosa verso il segretario della Lega, Antonio Cappiello, va in questo senso, e quasi sicuramente la dichiarata disponibilità di Vittorio Sgarbi ad essere elemento di coesione in vece di Antonio Tajani, potrebbe essere frutto di un mandato di Berlusconi che ha ben compreso quali e quante siano le tensioni interne al centrodestra, tanto da richiedere un soggetto terzo che sia autorevole e riconosciuto da tutti come garante dell’intesa.

Quale può essere allora il collante, per tutti i soggetti? L’elemento che possa portare destra e sinistra a presentarsi all’appuntamento coesi e non frammentati? Solo la consapevolezza che è reale la possibilità di vincere, per entrambi gli schieramenti, e quindi urge ed è indispensabile una mediazione sostenibile e non imposta, che miri a rendere più omogenee le coalizioni, in quanto c’è sempre la possibilità di far saltare il tavolo e correre da soli, come da sola, pare, abbia alla fine deciso di correre Carmen Lasorella, con una lista tutta sua, che presenterà entro fine mese probabilmente nell’attesa che il centrosinistra si scomponga e nella speranza che non si ricomponga.