Il Vice Premier parla in prima persona, non a nome di tutta la coalizione. Intanto Rocco Leone rifugge dai litigi interni a Fratelli d’Italia forte del suo essere stato il più votato alle scorse regionali
di Angelomauro Calza
Oh, l’italiano è una lingua stupenda e le parole la animano in un tripudio di musicalità. E sono loro a essere importanti: le parole. Bisogna saperle scegliere, quando si parla o si scrive, e bisogna anche saperle intendere, sezionarle, passarle al setaccio, quando si ascolta o si legge. E c’è chi ne fa un uso volutamente criptico: al momento tutto appare chiarissimo, poi ci rifletti e tutto cambia. Spesso chi legge o ascolta intende il contrario di ciò che l’interlocutore vuol realmente comunicare. E si gioca con l’ambiguità, con il bischizzo, il logogrifo verbale, il calembour, per usare un francesismo, il ribobolo.
Soprattutto in politica. Un esempio? Ma uno recente, recente, recente? Diciamo di ieri? Beh, il tweet di AntonioTajani: “Sostengo la candidatura dell’Area Sud Basilicata a patrimonio dell’UNESCO. Ne ho parlato con Vito Bardi. Mi sono congratulato con lui per l’ottimo lavoro svolto. Gli ho confermato il pieno sostegno per il suo secondo mandato da Presidente della Regione”. Ecco, Tajani con un fine bischizzo lascia intendere all’apparenza cose che in realtà non sono tali. Utilizza due volte la parola “sostengo”. “Sostengo” in che veste? E’ importante chiarire, perché se per la candidatura a patrimonio Unesco della Zona Sud lucana si può comprendere che lo faccia da Vice Premier e da Ministro degli Esteri forte del prestigio di cui gode oltreconfine, per la ricandidatura a Presidente di Bardi la cosa assume contorni diversi perchè è l’uomo Antonio Tajani a sostenere Bardi: non utilizza il plurale. Mò, non dico che si doveva e poteva fare interprete di una decisione comune della coalizione, ma utilizzare almeno un “sosteniamo” in qualità di rappresentate di un partito non sarebbe stato male. Certo, lo avrebbe probabilmente anche fatto, ma solo se davvero tutta la coalizione o almeno Forza Italia unita, avessero assunto questa decisione (vabbè, Forza Italia alla fine si riunisce, ci mancherebbe). Evidentemente così ancora non è, e nonostante i proclami riportati praticamente da tutti i media lucani, la dura e cruda realtà, lo stato delle cose, è semplicemente che Antonio Tajani sostiene Bardi ricandidato, punto. Una attestazione di amicizia a titolo personale, non a titolo né di portavoce della coalizione né di segretario del partito. E questo Tajani lo sa bene, ma ha probabilmente voluto dare un attestato di amicizia a Bardi frainteso o fatto fraintendere ai media dalla comunicazione ufficial-ufficiosa circolata. Poi, si sa, ci sta la tesi e l’antitesi: qualcuno pensa che Tajani non si sarebbe sbilanciato così senza aver prima ricevuto assicurazioni da Meloni e Salvini, e pure ci sta. Però, se non dovesse essere così, ecco che resta in gioco la candidatura da assegnare non solo a Bardi, ma potenzialmente anche a Fratelli d’Italia e alla Lega. Fratelli d’Italia, abbiamo già detto, litiga e si presenta con una dirigenza di stanza a Roma in disaccordo con il Gruppo consiliare alla Regione, a livello locale. Nella tenzone tutta interna non sono ancora entrati, però, alcuni nomi. Il primo è comprensibile: Carmine Cicala. Lui è Presidente del Consiglio, un ruolo istituzionale che gli impone equidistanza.
L’altro è Rocco Leone, l’ex assessore alla Sanità. Ma con chi sta? Con il gruppo dei parlamentari o con quello dei Consiglieri regionali? Il fatto che non parli, che taccia, fa venire in mente il Re Leone che dall’alto della rupe scruta la prateria in attesa di Hakuna Matata, che tradotto in italo-policorese vuol dire “non ci sono problemi”. E certo che per lui non ci sono problemi! Ma scusate, chiamatelo fesso! A lui che importa delle beghe interne a Fratelli d’Italia? Perché schierarsi, perché entrare nell’agone quando sa bene che con i suoi 4.260 voti è risultato il più votato in Consiglio regionale? Sì, dirà qualcuno, ma sono gli stessi voti che ha preso l’ex assessore Franco Cupparo, che ebbe 4.326 preferenze. Evvabbè, ma il rapporto con il numero degli elettori è di uno a due. E quindi Leone sta là, sulla rupe, e scruta. Scruta il panorama politico che si sta pian piano definendo, ben conscio che quei suoi voti stanno là e lo seguiranno ovunque (almeno così si vocifera). E se quel dovunque dovesse essere “altrove”, e per puro caso all’”altrove” dovesse approdare anche Franco Cupparo… beh, sarebbero 8.500 voti in meno all’attuale coalizione e in più all’”altrove”: badate che come dicono le massaie che non hanno studiato, ma che sono donne di qualità e sanno far quadrare i conti, “8.500 a levà e 8.500 a mette fanno 17.000”. Poi, casomai accadesse, cosa sarà di Leone e di Cupparo si vedrà, ma di sicuro ci saranno i voti sottratti all’attuale maggioranza. Intanto il Leone di Policoro pare sia alle prese con un obiettivo diverso, quello che insegue da una vita, che gliene frega del partito? Lui non sta con nessuno, non si schiera, mò sta vedendo di riuscire ad ottenere le autorizzazioni per andare in Sardegna a cacciare la pernice rossa. E vuoi vedè che alla fine ci va proprio quando le nubi oscureranno il panorama terso che si presenta oggi alla vista dei giusti?