Basilicata Casa Comune chiarisce con un comunicato. Dimissioni e voto anticipato per evitare il crescere di un nuovo soggetto politico

 

di Angelomauro Calza

Lo scorso 21 giugno la Consulta regionale delle aggregazioni laicali ha presentato le risultanze di diversi tavoli d’ascolto che hanno reso più agevole la comprensione nelle necessità dei fedeli e in quella occasione i Vescovi lucani hanno distribuito ai presenti un opuscolo, Segni di speranza, destinato ad essere una guida possibile per tutti i lucani intenzionati a migliorare il bene comune e la qualità della vita in Basilicata. L’11 agosto al Santuario della Madonna di Picciano si sono incontrati in molti di quelli che hanno deciso di rispondere all’appello e hanno reso pubblico con un comunicato a firma Basilicata Casa Comune, il loro voler aprire nuovi percorsi, non ristretti nel perimetro delle ideologie, degli schieramenti e dei partiti e lavorare per consegnare alla società lucana una classe dirigente autorevole, in grado e disposta ad ascoltare, proporre e realizzare un nuovo modello di sviluppo.

Lindo Monaco, del Comitato promotore di “Basilicata Casa Comune”

Nel frattempo, con poca accortezza, ci si è incaponiti nel veicolare una falsa pista: l’individuazione del nome di chi avrebbe potuto rappresentare questo possibile progetto piuttosto che l’approfondimento del progetto stesso. E va bene, questo è un mea culpa che dobbiamo recitare noi del mondo dell’informazione, ma ben altri mea culpa sono quelli che dovrebbero recitare soggetti politici che nel frattempo sono intervenuti senza prospettare alternative possibili, progetti diversi, da destra a sinistra. Resta che troppo spesso sono stati tirati in ballo i vescovi, arrivando per sintesi estrema a individuare e confondere una proposta di progetto frutto di consultazioni in atto da tempo sul territorio come una “Lista dei Vescovi”, cosa che non sta né in cielo né in terra né… in ogni luogo! E così stamattina Basilicata Casa Comune ha diramato un comunicato composto e pacato, ma nel contempo piccato, duro e fermo in cui si chiarisce che “non esiste né esisterà un’entità politica che si definisca “lista dei vescovi” o che rappresenti direttamente la Conferenza Episcopale di Basilicata. Chi deciderà di entrare nel mondo politico dovrà evitare di utilizzare la Chiesa lucana a scopi strumentali”. Mò chi è stato a farli uscire dai gangheri scatenando una reazione ufficiale si può pure immaginare: appartiene al mondo della stampa di sicuro, e altrettanto sicura è la conseguenza di una qualche influenza negativa dell’accaduto sulla azione politica che è iniziata con l’ufficializzazione e la distribuzione dei Segni di speranza, ma tant’è: si resta come i due ciclisti sulla pista di un velodromo, in surplace, aspettando che a lanciare la volata sia l’antagonista per superarlo poi in velocità partendo da dietro. E in questo il gioco si fa duro, si potrebbe anche giocare d’anticipo.

Il Presidente della Regione Basilicata, Vito Bardi

Come? Beh, sappiamo che il centrosinistra è in uno stato d’impasse, e in attesa di Godot di sicuro… non gode. Sappiamo che il centrodestra sta litigando, nella coalizione e all’interno dei singoli partiti della stessa coalizione. Entrambi non si stanno concentrando su progetti e proposte politiche, ma su chi debba presentarsi candidato Presidente a Giugno 2024. Al di fuori dei due schieramenti però c’è un progetto, l’unico ad oggi, e pure credibile e spendibile: Segni di Speranza. In molti scommettono che il centrosinistra potrebbe alla fine aderire più del centrodestra al documento creando in questo caso non pochi problemi ad una maggioranza ad oggi ancora certa di ritornare a governare in via Anzio fino al 2029. Ad oggi, certo, ma fino a quando? Di sicuro, da qui a giunto prossimo il movimento messo in atto dal Cral potrebbe montare, ricevere ancora più adesioni, anche da frange del centrodestra non più disponibili a ridare fiducia a Bardi o chi per lui e già sulla via del disimpegno. Intanto Bardi si trova a dover parare bordate da una parte dei suoi alleati, più specificatamente da chi osteggia una sua ricandidatura sia in Fratelli d’Italia che nella Lega (e forse pure in Forza Italia, chissà?). In questo contesto è più facile per gli avversari recuperare terreno. E allora come fare? Una soluzione sarebbe quella lanciare subito lo sprint: andare ad elezioni anticipate, così da non consentire recuperi di terreno importanti a movimenti e progetti contrari all’attuale maggioranza. Se riflettiamo, non sarebbe da peregrini contrattare, all’interno della coalizione di governo, le dimissioni di Vito Bardi, unico modo per andare a elezioni anticipate: contrattarle con lui garantendogli la ricandidatura a Presidente in cambio dello “sciogliete le righe”. Certo, sono in molti a storcere il naso nel centrodestra al solo sentir parlare di una ricandidatura dell’attuale Presidente, ma in nome di una vittoria della coalizione che così avrebbe la quasi certezza di non vedere insidiato il primato regionale si dimostrerebbe di essere uomini che non guardano alle ambizioni personali quando di mezzo c’è la sopravvivenza di una coalizione. I tempi? Beh, ci sono: se tutto avviene entro la prima decade di settembre si potrebbe votare la terza domenica di novembre, altrimenti, se tutto avviene entro la prima quindicina di dicembre, si potrebbe pensare a fine febbraio.

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