Quando l’orto si colora di rosso si capisce subito che è tempo di salse e di conserve. La buona cucina è fatta di sapori, aromi e colori. Se carni, verdure, legumi e pesce hanno regolarmente rifornito la mensa degli uomini da migliaia di anni, non così si può dire delle salse.

Federico Valicenti

Federico Valicenti

Le salse, fino all’inizio del Rinascimento erano a base di spezie, pane e aceto. Salse di colore scuro perché il pane arrostito sulla brace veniva bagnato con aceto e condito con “zucaro” e spezie , ottenendo nere salze. Con l’arrivo della grande cucina francese, nel corso del Seicento, le pietanze si tingono di bianco. Dalla corte del Re Sole arriva il bianco condimento della bèchamel ,in napoletano beccamele, come bianco è il condimento della pasta a “lacane” condite con latte e cannella,  pietanza  del giorno dell’Ascensione ancora preparato da, sempre piu  rari devoti. L’uso del formaggio sulla pasta  cosi azzeccato come accostamento che ancora oggi si usa dire di una cosa che va perfettamente con l’altra  “come il cacio sui maccheroni”,  magari resi più appetitosi da una macinata di pepe nero.

Poi arriva il pomodoro a cambiare, per sempre, colori, sapori, profumi e storia della  cucina , dal più remoto villaggio alla più grande città .Un cambiamento comunque lento, che deve la sua nascita  all’arrivo in Europa delle  navi dei conquistatori spagnoli al seguito di Hernán Cortès (1485-1547) di ritorno dalle Americhe.

Originario dal Perù il pomodoro riceve all’inizio una brutta accoglienza, dovuto al suo contenuto di acido ossalico, forse anche per la sua parentela con le solanacee tra cui la belladonna e la mandragora. Il primo nome dato dai botanici al pomo d’oro era “ lycopersicum” – pesca della Persia- forse per il suo colore dorato. Ancora ritenuta pianta ornamentale anche se voci di corridoio e di palazzi lo volevano altamente afrodisiaco, anche per questo chiamato dai francesi “pomme d’amour”. Probabile che il nome “pomo d’oro” proveniva più dal colore giallo che non per le presunte virtù amatorie preferito dai francesi”. Il gastronomo Vincenzo Corrado nella stesura del suo ricettario “Il cuoco galante “pubblicato a Napoli nel 1773, li descrive come “frutti” color zafferano. In Italia la conquista delle cucine da parte del pomodoro è stata comunque lenta. La citazione più antica è quella di Antonio Latini nel trattato “dello scalco alla moderna” pubblicata a Napoli nel 1694 nel quale trattato l’autore riporta una sola ricetta consigliando di cuocere i pomodori con “mulignane e cocuzze”, melanzane e zucchine. Ricetta identica si trova, nel ricettario di Francesco Gaudenzio  “il panunto toscano” del 1705, cuoco dai gesuiti, propone un tegame  di verdure miste  e pomodori spezzettati e soffritti nell’olio. Qualche ricetta in più si trova nel già citato “cuoco galante” di Corrado dove vengono serviti pomodori ripieni, fritti e passati in salsa, da servire con carni e pesci. Nessun accostamento però alla pasta, descritta solo nel 1839 da Ippolito Cavalcanti, duca di Bonvicino, nella sua Cucina teorico pratica, dove parla de “i vermicielli co’ le pommodore”, precisando che la salsa deve essere preparata con molti pomodori, eliminando “chelli semi e chella acquiccia”. L’incontro fatidico fra maccheroni e pomodori avviene in simultanea con la pizza. Nel 1835 Alexandre Dumas descriveva vari tipi di pizza, fino ad allora ancora bianca, con olio e aglio, pesciolini e pomodoro. Venti anni dopo il pizzaiolo napoletano Emanuele Rocco aggiunge al pomodoro, la mozzarella e il prosciutto, mentre nel 1840 Niccolò Paganini scrive la famosa ricetta dei ravioli alla genovese con salsa di pomodoro.
Nel 1853 il pomodoro si accredita anche sulle mense ufficiali francesi ed entra prepotentemente come condimento in un pranzo di gala offerto dall’imperatrice Eugenia, moglie di Napoleone III.

E’ del 1861 la nascita della prima salsa di pomodori in “boatta”, il famoso “pelato” da salsa, ad opera dell’industriale piemontese Francesco Cirio che tutti pensano che sia napoletano.

 

… ed ora la ricetta

 

RAGU’

Ingredienti:
200 gr. di polpa di maiale
200 gr. di carne di vitellone
2 salsicce fresche
20 gr di lardo
1 bottiglia di salsa concentrata di pomodoro
un bicchiere  di vino rosso
1 spicchio d’aglio
1 ciuffo di prezzemolo tritato
1 pizzico di pepe
30 cc di olio extra vergine d’oliva,
sale, pepe nero q.b.

 

Tritare il lardo e finemente il prezzemolo e l’aglio, condire con il pepe e amalgamare con un cucchiaio.
In un capiente padella, riscaldare l’olio e versare il composto far soffriggere a fuoco dolce lentamente per circa 5 minuti, quindi aggiungere  i pezzi di carne a rosolare, aggiustare di pepe e sale alzando un poco il fuoco.
Quando la carne è dorata, aggiungere e le salsicce intere leggermente bucherellate, senza togliere dal budello, fare rosolare per 5 minuti e versare un bicchiere di vino rosso, sfumare per 15 minuti  e aggiungere la salsa di pomodoro. Abbassare il fuoco e cuocere, aggiungendo talvolta, per tenere il fondo di cottura morbido e abbondante, un poco di acqua tiepida per almeno 2 ore.

ragù

ragù