L’origine della rosa si perde nella notte dei tempi. Il grande mondo della mitologia greca e dei racconti ci parla della dea Chloris che ritrova una ninfa morta nel bosco.

Federico Valicenti

Federico Valicenti

Prende il corpo in braccio e affascinata dalla sua eleganza lo porta ad Afrodite ed a Dionisio pregandoli di ridare alla ninfa il dono della vita e dell’immortalità. Afrodite la dea dell’amore, della bellezza, della sessualità, della sensualità, della lussuria e dei giardini e Dioniso la divinità della vegetazione, dalla vendemmia al vino, la vite e l’edera. Afrodite gli dona la bellezza e Dionisio il profumo. Bella e profumata Chloris porta la splendida ninfa ad Apollo, dio delle arti, della medicina, della musica e della profezia che gli ridona la vita per l’eternità, profumata e bellissima diventa la regina  dei fiori. In seguito i Romani glorificano Venere come dea genitrice della rosa, e raccontano che un giorno uscita dal mare dalla pelle nuda della dea una goccia di acqua di mare cade a terra e si tramuta in una bianca rosa. Venere si avvicina per raccoglierla ma si punge ad una spina che la adorna, la goccia di sangue cade sul fiore colorandolo di rosso. La Roma imperiale utilizzava le rose per correggere gli otri di vino, realizzando con i boccioli delle collane da immergere nella bevanda resa sgradevole dal caldo della primavera. Il vino cosi profumato acquisiva la denominazione di rosato. Cleopatra (Alessandria d’Egitto 69-30 a.C.), ricevendo Antonio fece ammassare sul pavimento, petali per l’altezza di un’auna (lunghezza pari a mt 1,143). Nerone (37-68 d.C.),  fece piovere sui suoi convitati petali di rosa per quattro milioni di sesterzi. Il giovane Eliogabalo, alias Marco Aurelio Antonino (Roma 203 – 222) che amava bagnarsi nel vino di rose, emulò Nerone e con una pioggia di rose sommerse i suoi invitati. Marco Licinio Verre, vissuto tra i 120 ed i 43 a. C. gran corruttori e amante della bella vita nella sua lettiga giaceva su un materasso di rose e di esse si cingeva la testa ed il collo. Marziale esorta lo scambio di merci con il popolo d’Egitto “Egiziani inviateci il grano, noi vi manderemo rose”.  Re Mida non poteva rinunciare al profumo di migliaia di fiori, nei suoi giardini bulgari. Gli alchimisti, streghe e maghi bianchi ne hanno sempre decantato il potere magico.

Ma la rosa è anche la regina di pietanze storiche e moderne, entra in cucina in modo egregio ed elegante.  Intorno al 230 d.C. Apicio ci descrive in una ricetta nel suo “de re coquinaria” una specie di budino di rose mentre i cuochi di corte dell’800, i monsù, i napoletani e palermitani, letiziàvano i commensali con un grappolo di uva bionda passita di Pantelleria, ricolmo di liquore di rose rosse, acino per acino. I migliori ricettari di Italia, dal Medioevo in poi, usavano la rosa  specie nelle pietanze di volatili, come le quaglie, le pernici o il cappone cotto con il latte di mandorle e le rose. La letteratura ci regala uno splendido libro dove il cibo diventa metafora e strumento espressivo, rito e invenzione, promessa e godimento, “Dolce come il cioccolato” di Laura Esquivel (Garzanti) attraverso una seducente ricetta di quaglie alle rose. La rosa è il fiore di tutto e tutti. Accostata ad ciuffo di ricotta fresca, zucchero, due petali crudi e una spolverata di cannella, come accompagnamento agli scampi crudi o nelle insalate di fragole con gocce di mosto cotto,  nel liquore antico chiamato ratafià preparato con petali di rose macerate nello zucchero e allungato nell’alcool e acqua. Per glorificare la rosa si sono scomodati scrittori, filosofi, pittori, scultori. Persino un movimento politico racchiuse in un pugno il fiore, divenendo logo del partito. Promessi sposi e coppie vetuste se la scambiano come segno d’amore. Ma non tutte le rose si possono usare in cucina, quelle adatte devono profumare molto fino ad ubriacare i sensi e bisogna essere sicuri che siano fiori non trattati con antiparassitari o prodotti chimici tossici Le più famose per l’uso alimentare sono la gallica, la centifolia e la muscata del Marocco. Il vivaista ci può aiutare ad avere un vaso di queste rarità da giardino… e da cucina

 

… ed ora le ricette

Una vecchia ricetta per eliminare l’alito cattivo: 

Mescolare 60 gr di bacche di ginepro, 20 gr di foglie di basilico e 20 petali di rosa; versate poche gocce alla volta di questa miscela in una tazza d’acqua bollente e bevete dopo i pasti.

 

Budino di cioccolato alle rose

Budino di cioccolato alle rose

Budino di cioccolato alle rose

(fonte: http://spilucchino.blogspot.com)

 

Ingredienti (8-10 coppette):

1 litro di latte
150 g. di zucchero
100 gr. farina
100 gr. di cacao amaro
80 gr. di burro
60g cioccolato fondente
10 boccioli di rosa essiccati

Procedimento:

Metti a scaldare il latte con i boccioli di rosa che poi toglierai. In una casseruola sciogli il burro, incorpora la farina, mescola energicamente. Togli dal fuoco, metti lo zucchero, il cacao ed il latte caldo a poco a poco. Rimetti sul fuoco basso, mescola in continuazione e fai cuocere fino al bollore…per qualche minuto. Aggiungi il cioccolato spezzettato e fai sciogliere. Versa nelle cocotte e poi in frigo per qualche ora.

 

Quaglie alle rose rosse

Ingredienti:

12 rose, possibilmente rosse
12 castagne
2 cucchiai di burro
2 cucchiai di fecola di mais
2 gocce di essenza di rose
2 cucchiai di semi di anice
2 cucchiai di miele
2 spicchi d’aglio
6 quaglie
1 pithaya (fiore bianco dall’intenso profumo, simile a quello della vaniglia)
sale e pepe

Procedimento:

Dopo aver spennato ed eviscerato le quaglie, si raccolgono e si legano le zampe affinché mantengano un aspetto grazioso, quindi si rosolano nel burro con un pizzico di pepe e di sale.

Si staccano, con grande attenzione, i petali delle rose.
Una vota staccati, si pestano nel mortaio con l’anice. Separatamente si fanno dorare le castagne sul comal (disco di terracotta usato per cuocere le tortillas di mais, che sono delle sottili focaccine non lievitate, e per tostare il caffé e il cacao), si sbucciano e si fanno bollire per poi farne un puré.

Si rosola l’aglio nel burro dopo averlo tritato finemente; quando è imbiondito, si uniscono il purè di castagne, il miele, i petali di rosa e sale a piacere.
Per rendere più densa la salsa si possono aggiungere due cucchiaini di fecola di mais.

Infine si passa la salsa al setaccio e si aggiungono due gocce di essenza di rose, non di più, altrimenti c’è il rischio che diventi troppo aromatica e troppo saporita. Appena fatto questo, la si ritira dal fornello. Le quaglie si fanno insaporire nella salsa soltanto per dieci minuti e poi si tolgono.

Da: “Dolce come il cioccolato” di Laura Esquivel (Garzanti).