Rocco Papaleo, al cinema con Scordato, sulla scia dei grandi registi metropolitani sceglie il territorio d’origine come location dei suoi film e si consacra grande lui stesso
di Angelomauro Calza
Evvabbè, mò che facciamo? Che dopo riviste specializzate, telegiornali, quotidiani, settimanali e canali social ci mettiamo pure qua a recensire “Scordato”? E a che serve? Sì, lo ammetto, ancora non l’ho visto (dove abito io a momenti non c’è manco il cinema, figuriamoci! …come si fa?), ma già mi piace. E una recensione a che serve, poi? A dirvi che poiché un film mi è piaciuto vi dico il perché e cerco di farlo piacere pure ai lettori? O, viceversa, a convincervi che è inutile che lo vediate perché a me non è piaciuto? E allora a me piace a priori, che ci posso fa’? Tengo i pregiudizi! Così, a uccello di segugio! Oh, sia chiaro, la teoria del bello ideale è sempre attuale: il bello ideale non esiste. E però se non esiste il bello ideale non esiste manco il brutto ideale, no? Ognuno giudica come vuole. E comunque, vi piaccia o no, mi piaccia o no, esistono fatti oggettivi che non possono essere in alcun modo messi in discussione. Uno di questi, per esempio, è che Rocco Papaleo è un grande attore, e la consacrazione (convinzione tutta mia, personale e perciò egoisticamente indiscussa e che mi ha fatto formare un giudizio perenne) è avvenuta con la magistrale interpretazione di Cervo Nero, il Sioux tarantino nel Grande Spirito di Sergio Rubini. E Rocco Papaleo è anche un grande regista. Oh, questo è un attore e un regista vero, mica un pesce fuor df’acqua! Sì, lo so, mò vi aspettate la struggente litania del lucano che dopo essere stato eletto Mister Liceo a Lauria nel 1976 ha capito che poteva farcela, l’elenco dei sacrifici fatti a Roma, della gavetta, di Classe di ferro, Giornalisti, Padre Pio… Ma se l’hanno già scritto e detto tutti! E lo so, che vi pensate? Che non lo so? Che non so che ha recitato con ruoli diversi in quasi sessanta film?
Che ha una discreta collezione di premi, con un Nastro d’Argento, un paio di David di Donatello, Ciak d’oro e altri che non ricordo? E tutti i lavori in tivvù? No, non me lo dite per piacere, che la lista non la scrivo: su Wikipedia a cercare l’elenco ci andate voi se siete curiosi. A me non interessa questo. Come sarebbe “che cosa m’interessa”? Beh, soprattuttouna cosa: il fatto che come Verdone con Roma, i vari Martone, De Sica, Sorrentino e Troisi con Napoli ambientavano i loro film nelle città che li hanno visti nascere e crescere, anche Rocco Papaleo ha fatto lo stesso. Certo, la Basilicata ha tanti abitanti quanti un solo quartiere di Napoli o di Roma, ma è più estesa.
Facile e più economico girare un intero film in un rione, meno agevole ambientare le riprese e una storia in Basilicata con l’intento di metterla in mostra per induzione a chi non la conosce ancora. Lui c’è riuscito. E non una volta sola: con i suoi ciak ha conquistato ogni volta prima un territorio, impossessandosene con maestria (e maestranze), catturandolo con inquadrature senza mai un briciolo di casualità, e poi mostrandolo al pubblico comodamente seduto in poltroncina. Nel 2012, scrivendo di lui dopo la geniale performance “focaccesca”, tra le più coinvolgenti e convincenti nella storia dell’Ariston, ebbi a definire quel Festival di Sanremo “PAPALEONTICO”. Oggi per me (e spero anche per voi che leggete, senza per questo pretenderlo), Rocco è PAPALEONE… Buona parte lucano, che non conoscerà alcuna Waterloo. La sua vita artistica prosegue ritmicamente in un cammino tonico, così come nel videoclip di “Macchina veloce” di Paolo Irene, materano, cantante di vaglia, in cui Rocco Papaleo è protagonista. E comunque, giusto per farvelo sapere, sto tentando di chiamare Orlando, doveva venire ad accordarmi il pianoforte, ma mi sa che si è …Scordato!