Centrodestra e centrosinistra schiaffeggiati da un elettorato che ha premiato i quattro Presidenti uscenti per quel che hanno fatto, non per quel che è stato propagandato dai partiti. Diversa la situazione in Toscana e Marche. Di Maio si aggrappa inutilmente alla paternità della vittoria del SI al referendum: il DNA lo smentisce.

di Angelomauro Calza

Ma allora chi ha vinto? Al Referendum è indubbio, ma alle Regionali? La destra o la sinistra? Nelle Marche sicuramente il Centrodestra, in Toscana sicuramente il Centrosinistra. A Firenze si consolida una tradizione, nelle Marche c’è stata una reazione. In Campania non ha vinto il Centrosinistra, ha vinto De Luca, e così per Emiliano in Puglia, come in Veneto non ha vinto il Centrodestra, ma Zaia, e così con Toti in Liguria. Ma cosa rappresentano e cosa hanno in comune tra loro questi personaggi? Rappresentano la protesta verso il sistema partitico tanto contestato dagli italiani, perlomeno da tanti di quelli che hanno sancito la vittoria del SI al referendum, forse il più importante dopo quello del 2 giugno del 1946. Ma come? Può essere? Essì. Hanno in comune per esempio anche che sono tutti Presidenti di Regione uscenti e riconfermati. Ma allora come è possibile? E’ una contraddizione! Rottura con gli stereotipi e votano i “vecchi”? Certamente. Perché da un lato la gente ha premiato per esempio il modo di gestire l’emergenza Covid di De Luca in Campania, le politiche economiche di Luca Zaia che hanno fatto del Veneto la vera potenza economica italiana, il Giovanni Toti ligure che riesce a governare le relazioni e le politiche che hanno portato alla ricostruzione del Ponte Morandi in un solo anno, e in Puglia il coraggio di Michele Emiliano di rimettersi in gioco sfidando chi criticava le sue politiche del passato. E comunque, per tutti, la “non presa per i fondelli” con false promesse: la sincerità e la schiettezza di dire le cose come sono. Ma tutto questo non sarebbe mai bastato, probabilmente, per ottenere percentuali di consenso ben superiori a quelle ottenute cinque anni fa, e il “quid” in più è rappresentato da un altro elemento comune a tutti e quattro: i contrasti personali con le proprie segreterie di partito, con i leader dei partiti di riferimento. Ecco, probabilmente è stato questo aver ciascuno avuto contrasti con Berlusconi, Salvini e Zingaretti che è stato letto dall’elettorato come un segnale di reazione meritevole di fiducia, un segnale di non sottomissione ai diktat, un segnale di protesta non necessariamente legato alle derive populiste, alle proteste vandeane. Nel passato questi voti erano appannaggio dei Cinquestelle, che hanno voglia con Di Maio a sbandierare la sua paternità della vittoria dei SI al referendum, ma l’esame del DNA elettorale lo smentisce: se gli italiani avessero votato SI per premiarli delle loro politiche, alle regionali non sarebbero precipitati sempre più giù nei consensi popolari. E allora ieri non ha vinto in queste quattro regioni una coalizione, di destra o di sinistra che sia: hanno vinto uomini che hanno operato concretamente più che girare l’Italia propagandando intenzioni.