Il Direttore generale della Regione Basilicata su Facebook si sbilancia e critica la nomina di Antonio Tisci all’Arpab con un post in cui muove severe critiche alla politica. Caduta di stile o palese violazione del codice di comportamento?

di Angelomauro Calza

Embè, i giornalisti so’ curiosi. E le notizie di questi tempi se le devono cercare, se non vogliono passare per semplici ricopiatori di veline, che pure arrivano numerose a tutte le testate. E oggi, per praticare questa sorta di caccia, devi utilizzare anche i social: avere tra gli amici personaggi che contano, e frequentare le loro bacheche, dove tra i loro post spesso si trova materiale utile, di ogni specie, per poterne fare notizia. E in quest’ottica ho chiesto qualche ora fa amicizia su Facebook al Direttore Generale della Regione Basilicata, Maria Teresa Lavieri. Lei – che non conosco di persona – ha accettato di avermi tra i suoi amici virtuali e la ringrazio. Ho dato una scorsa così alla sua bacheca, per farmi un’idea di lei e per vedere se ci fossero elementi utili per scrivere di qualcosa di particolare. In effetti l’occhio mi è caduto subito su un post in cui si parlava del progetto SU.Pre.Me., perché discutere di caporalato non è mai abbastanza.

Il Direttore Generale Maria Teresa Lavieri

Poi, però, scorrendo la pagina, mi sono imbattuto in qualcosa di più interessante, e – diciamolo – di più stimolante visti i tempi che viviamo, qui in Basilicata e a Potenza, tra polemiche e scandali riguardanti i percettori del bonus 600 euro, l’approvazione di mozioni pro-omofobia, leader politici che prendono il bonus-spesa alimentare legato al Covid e poi se ne vanno in vacanza in barca. Tutte questioni che riguardano l’etica e la morale, nulla di penalmente rilevante, ci mancherebbe. Ebbene, è in questo contesto temporalmente contingente che si colloca il post del Direttore generale della Regione Basilicata che alle 19.46 del 19 settembre scorso ha pubblicato la prima pagina della Nuova del Sud che riportava di spalla la nomina di Antonio Tisci a Direttore dell’Arpab. Ora è d’uopo specificare che a chi scrive poco importa di “chi” venga nominato a dirigere un ente, e del “perché” della nomina, ma “come” nel tempo ha svolto il suo ruolo, a prescindere da partiti, schieramenti e ideologie. La dottoressa Lavieri ha accompagnato la foto in questione con una frase: “Avvisi pubblici e incarichi= spartonzie! All’atto pratico il merito passa in cavalleria” (…ma poi com’è che non se n’è accorto nessuno sino ad oggi?). Chiedo: è giusto se mi stupisco che un direttore generale, che dovrebbe presidiare e adeguare il proprio comportamento al codice disciplinare e di comportamento dei dipendenti pubblici, possa esternare tale giudizio pubblico di disvalore, sprezzante, nei confronti della propria amministrazione? E’ giusto interrogarsi se essa appare un interferenza o una sorta di ingerenza sull’autonoma e legittima valutazione compiuta dagli organi di direzione politica? Mi piacerebbe se qualcuno mi dirimesse un dubbio: la funzione dirigenziale, chiamata sostanzialmente a curare l’attuazione delle direttive e dei piani dell’organo politico, si muove con l’intento di controllare e surrogare l’azione e le scelte della direzione politica? E quindi: ci troviamo di fronte a una solo antipaticissima caduta di stile o a un comportamento fuori dai canoni della funzione dirigenziale? O – addirittura – a una dichiarazione “politica” ben precisa?

Il post che la dr.ssa Lavieri ha pubblicato su Facebook

Questo io non lo so, aspetto che qualcuno, magari la stessa dottoressa Lavieri lo chiarisca.  E – ancora – quale che sia la risposta, è giusto nutrire il dubbio che questa “leggerezza social” in entrambi i casi impatta su quello che invece dovrebbe essere un comportamento corretto e rispettoso delle istituzioni, venendo meno a comportamenti più consoni di un dipendente pubblico rispetto alle relazioni extralavorative? Salviamo sempre la buona fede, l’involontaria imprudenza e la sottovalutazione dell’impatto che può avere sull’immaginario collettivo quel che si scrive. Aspettiamo, vediamo, temporeggiamo perché magari si sta prendendo un grosso abbaglio legato a un madornale e innocente equivoco, tutto quel che si vuole: sta di fatto che di norma un pubblico funzionario – e su questo sono certo che la dottoressa Lavieri non potrà che concordare – dovrebbe astenersi da qualsiasi comportamento o dichiarazione che possa nuocere agli interessi, al prestigio e all’immagine della propria amministrazione e dei suoi organi, al decoro o alla dignità dell’organo politico che la dirige, tanto più nel caso di chi è chiamato ad esercitare il controllo sull’attuazione e la vigilanza di queste basilari regole di condotta. Ed ecco che allora l’episodio è indubbio che rientri in un tema sia amministrativo che in qualche misura “politico”. Se sul secondo dovrebbe (perché può) suscitare più di un interrogativo, che riguarda per l’appunto l’azione e la legittima autonomia della politica, sul primo la questione è persino più delicata e più sensibile: l’infrazione di un codice di comportamento, a conoscenza pubblica, può passare inosservato?

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