Ecco di cosa avrebbe scritto Astronik. Iniziati tra le proteste degli ambientalisti i lavori per il montaggio della struttura donata dai qatariani per far fronte all’emergenza Covid-19: abbattuti tanti alberi che a detta di molti avrebbero potuto essere trapiantati. Le analogie ironiche con l’Isola di Pasqua e con Bagdad Cafè.

 

di Angelomauro Calza

Astronik lo avrebbe scritto in anticipo, prima che inizasse ad accadere. Sicuramente. lui per queste cose aveva fiuto e informatori. Ma iri anche Teresa, Pina, Angela, Francesco, Ida, Loredana, Rocco e tanti altri ancora lo hanno fatto anche per lui. Ma tanti veramente! Sono tanti i potentini frequentatori di Facebook che si sono indignati, postando anche foto, per l’abbattimento degli alberi del parcheggio al servizio dell’Ospedale San Carlo per consentire il montaggio dell’ospedale da campo donato dal Qatar per fronteggiare l’emergenza Covid-19.

Una foto dei lavori in corso tratta dalla rete, senza autore

Una foto dei lavori in corso tratta dalla rete, senza autore

Le foto in pagina sono tratte dai profili social di queste persone, tranne le due del parcheggio “by night”, che sono probabilmente le più suggestive, quelle che ricordano le atmosfere dei deserti di Bagdad Cafè: desolazione, disordine, cespugli sparsi un po’ dovunque. Manca forse solo il vento del deserto, ma tranquilli, che se si continua così, se continuiamo a fare i bravi, arriverà anche quello. L’Ospedale donato dal Qatar, un dono preziosissimo, sembra aver creato non pochi problemi. Un po’ come quando la zia che frequenta quotidianamente casa tua torna da un viaggio in Cina e ti porta in regalo un enorme, inutile e pacchiano vaso cinese originale: preziosissimo! Peccato però che non ti piaccia proprio e che per lasua inutilità non sai dove metterlo… E però devi metterlo da qualche parte, e pure in vista, perché se il giorno dopo la zia arriva per il caffè del dopopranzo e non lo trova si offende, e poi so’ katzi, perché saltano i regali veri, i regali buoni in soldi di Natale, Pasqua e compleanno, e quelli sì, che sono graditi! E allora tu prendi il vaso, sorridi con cortesia e con aria di meraviglia perché è roba di grande valore, e lo appoggi con accortezza “momentaneamente sul tavolo” e inizi già a pensare nervosamente dove lo puoi collocare “stò coso”. Poi, quando la zia è andata via inizi le prove, e, alla fine, decidi che il posto migliore… no, il posto meno peggio, è là, dove ora ci sta una abat-jour. Togli l’abat-jour dell’Ikea, metti il vaso cinese di valore. Poi ti accorgi dopo qualche tempo che l’abat-jour, se stava là, è perché là ti serviva tenerla, perché là ti era utile, e toglierla di mezzo non è stata una grande idea.

il parcheggio così come si presentava ieri sera

il parcheggio così come si presentava ieri sera

il parcheggio così come si presentava ieri sera

il parcheggio così come si presentava ieri sera

Bagdad_cafe_(Syria)

E allora… prendi il vaso cinese, lo incarti e lo sistemi in un ripostiglio fuori mano, rimetti l’abat-jour e fai la telefonata alla zia con la voce rotta dall’emozione per dirle che sei disperato in quanto il prezioso vaso cinese si è rotto mentre lo spolveravi e che non sai rassegnarti del fatto di averlo rotto sbadatamente: è andato in mille pezzi, irreparabile! (oh, era cineseria autentica, mica volgare gesso!) Ecco. Speriamo che per l’Ospedale del Qatar non finisca così, ma almeno fino ad ora la metafora ci sta tutta. Non si sapeva dove metterlo, ed ecco che proprio per non fare brutta figura con i qatariani alla fine (forse anche della pandemia…) l’ospedale da campo viene deciso di montarlo nel parcheggio ad uso dell’Ospedale San Carlo: qualche centinaio di posti-macchina saranno occupati dalla struttura. Però tempo fa furono plantumati decine di alberi che crescendo avrebbero soddisfatto due aspetti: il primo, quello paesaggistico, rendendo più gradevole e verde il posto; l’altro, più pratico: in estate avrebbe tenuto al fresco le auto di chi si reca in ospedale, oltre ad offrire un luogo confortevole per sedersi e mangiare un panino magari in attesa di poter far visita ai parenti o subito dopo averla fatta.

Una foto dei lavori in corso tratta dalla rete, senza autore

Una foto dei lavori in corso tratta dalla rete, senza autore

Questi alberi però non potevano certo restare dove si trovano, perché impedimento al montaggio dell’Ospedale. Probabilmente per far presto – dopo aver atteso per settimane una decisione – si stanno abbattendo selvaggiamente, come documentato dalle foto. Nessuno ha pensato che probabilmente potevano essere trapiantate. O, meglio, lo si è pensato, ma pare che non sia stato fatto perché in questo periodo il rischio di morte è alto in quanto sono in vegetazione e non sono perenni. “Ma – dicono alcuni esperti – con le giuste accortezze, irrigazione di soccorso e assistenza si poteva provare. Magari se ne salvava anche solo uno, ma si poteva e si doveva provare a trapiantarli, espiantandoli con una grossa zolla di terra”. Ormai è tardi, tant’è. Resta da sperare che nel futuro non si renda necessario recuperare i posti persi con il parcheggio, che serviva anche l’Università, per il bisogno di dare risposte a chi la mattina ha necessità di trovare lì un posto per la sua auto, per studio, lavoro, necessità varie: in quel caso non è che l’ospedale fa la fine del vaso cinese?

Gli alberi ancora in attesa... di esecuzione

Gli alberi ancora in attesa… di esecuzione

E questi alberi che non ci saranno più, non è che alla fine saranno stati solo il mezzo per erigere e collocare monoliti ai potenti del momento che hanno ordinato di farlo, come avvenne sull’Isola di Pasqua? Non è che un ospedale da campo sia ricordato poi come un ospedale da scempio? Perché in quel caso, proprio come le statue dell’Isola di Pasqua, i monumenti a chi questo scempio avrebbe provocato resteranno per sempre indelebili là: nella memoria dei lucani. Dicevamo di Bagdad Cafè: è lì, nel deserto  che una tedesca lascia il marito durante un viaggio e incontra la proprietaria del locale che ha appena cacciato di casa il proprio, di marito. Quest’altra metafora la lascio così com’è, alla libera interpretazione. Del film.

 

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