Il percorso artistico di chi la musica la sta masticando da sempre e la digerisce componendo brani che valorizzano anche sonorità di fine secolo scorso non disdegnando affatto le nuove tecnologie applicate ad una produzione di qualità.
di Carlo Calza
Massimo Brancati è un nome noto ai potentini e ai lucani. Molti lo conoscono come giornalista, ma lui da sempre porta avanti in parallelo una intensa attività da cantante e musicista.
Già alla fine degli anni ’80 fondò i DAYA, tentando di intraprendere una strada professionale, partecipando a importanti concorsi e arrivando anche ad aprire un concerto di Ligabue, ai suoi esordi con “Balliamo Sul Mondo”. Nella sua carriera personale Massimo Brancati ha anche suonato con Alex Britti e nel 1998 è arrivato terzo alla finale del Festival di Castrocaro.
La sua esperienza successiva è iniziata nel 2010, è durata per qualche anno ed è stata la fondazione di una cover band dei Beatles. Tutta questa evoluzione ha portato poi alla nascita dei Drops of Gems, una cover band rock-blues anni ’70 di cui è il frontman con Antonello Ruggiero (batteria), Lorenzo Mossuto (chitarra), Ettore Nesti (sax) Giovanni Montecalvo (tastiere), Gigi Vita (basso). Durante il lockdown Massimo Brancati ha realizzato alcuni brani originali che poi la band ha anche proposto dal vivo in alcune esibizioni estive, presentando al pubblico dei concerti misti di cover e inediti. E noi questi brani li abbiamo ascoltati e… oh, ci sono piaciuti davvero! “Di questi tempi – dice Brancati che come come già detto “vive” la musica da sempre – la tecnologia è dalla nostra parte. Persino in un periodo in cui si è costretti in casa diventa possibile produrre delle demo utilizzando programmi e software musicali. In questo modo un artista riesce a progredire, a portare avanti la propria iniziativa, e spesso ci sono anche ulteriori vantaggi legati al fatto che un autore può mettere a punto il proprio prodotto senza particolari interferenze, riportando sulla traccia audio tutto ciò che ha veramente in testa”. Ed in effetti non possiamo che prendere atto che gli artisti oggi riescono a sopperire alla mancanza delle classiche prove da fare in sala grazie alle svariate possibilità offerte dalle nuove tecnologie. E’ vero, nel caso delle band, per esempio, un gruppo nasce come progetto d’insieme e il fine ultimo resta quello di suonare, incontrarsi, incontrare il pubblico, ma se non altro, durante il lockdown, c’è stato modo di non perdere tempo.
E Massimo non ne ha perso di tempo, utilizzandolo al meglio, non lo ha sprecato: si è dato con maggiore impegno alla composizione, con interessantissime proposte, da ascoltare, con la mente di chi ha vissuto periodi musicali particolari, tanti anni fa. La sua musica può sembrare una sorta di fusion tra rock e country, rievocando Eagles e Chicago (senza però mai tentare di esserne copia, senza esagerare, con la delicatezza di uno chef che aggiunge una fogliolina di menta sugli spaghetti al limone) peculiarità sonore della musica d’oltreoceano degli anni ’70, caratterizzata da contaminazioni di effetti contemporanei che rendono piacevolissimo l’ascolto di una voce duttile, che ben sa esprimere cambi di tono e di espressione anche quando si avverte evidente la contaminazione blues e soul che rendono pastoso e armonico il mix ,quasi inducendoti a versarti un whisky e accendere una sigaretta da fumare ad occhi chiusi per bearti del momento particolare che induce e invoglia ad astrarti. Sonorità mature, di chi ha masticato il rock dei suoi anni migliori in uno con tutte le possibili forme di piacevole contaminazione: si immagina, si sogna, soprattutto con “Whiteside”, “Never give up”, “The way you are” e “Baby can wait”, dove il piano elettrico sapientemente trattato recita un ruolo da comprimario che riporta alle atmosfere di fine secolo scorso riproponendole e valortizzandole in chiave contemporanea. Queste influenze permettono a Massimo Brancati di “spaziare e spiazzare” ricavando all’interno di un unico brano a volte, momenti energici, momenti più lenti e riflessivi o tempi dilatati rispetto a ritmiche più pressanti. Sappiamo che c’è un progetto discografico, ma anche che bisognerà attendere il termine della situazione pandemica per iniziare a dedicarcisi in maniera più totalizzante, perciò… auguri a Massimo!
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