La cultura “arbereshe” in Basilicata va tutelata e raccontata. Il recupero e la valorizzazione delle tradizioni gastronomiche attiva il desiderio della conoscenza della nostra Regione, arricchendola. Raccogliere le testimonianze di piccole comunità ormai in estinzione ci permette di lasciare ai posteri i segni della nostra civiltà.

Federico Valicenti

Federico Valicenti

Per ottenere e acquisire sempre un insieme di competenze, saperi ed esperienze della gastronomia che la cultura accademica molto spesso sottovaluta ma che ci rappresenta, in egual misura, alla ricchezza delle testimonianze storiche, artistiche, ambientali che si racchiudono in un patrimonio che non deve andare perso. La cultura “arbereshe” è ancora oggi fortemente caratterizzata da elementi specifici quali storia, folklore e tradizioni che rendono la presenza delle comunità albanesi un elemento di forte e grande arricchimento per le comunità locali nel suo complesso. Questo grande patrimonio culturale si rileva nei costumi, nell’arte, nella gastronomia, ancora oggi conservate gelosamente in alcuni centri lucani. Nella nostra “Arberia” lucana sono presenti le comunità dei comuni di S.Paolo Albanese, S.Costantino Albanese, Barile, Ginestra e Maschito, dove quasi tutti i membri della comunità parlano la lingua madre “arbereshe”. La parola “arbereshe” indica sia la lingua parlata che il nome degli albanesi d’Italia, mentre “Arberia” identifica l’area geografica degli insediamenti albanesi in Italia. Anche se, oramai, solo San Costantino e San Paolo conservano nella loro quasi totalità, il rito greco bizantino e buona parte delle tradizioni del paese di provenienza, quali i costumi, il folklore e la cucina. Uno degli alimenti di

Cugliaccio

Cugliaccio

eccellenza della antica cucina albanese sicuramente resta il “cugliaccio”, un dolce rustico a base di farina di grano tenero, semola rimacinata, uova, olio, strutto, lievito naturale, lievito di birra e finocchietto selvatico. Il “cugliaccio”, chiamato nel dialetto albanese Kulac, è un tipico prodotto della tradizione gastronomica che ancora viene prodotto a San Costantino Albanese. In uso sin dal XVI secolo veniva preparato e confezionato dai parenti dello sposo il giovedì prima del matrimonio officiato con il rito greco-bizantino. Il “cugliaccio” ha resisto nei secoli opponendosi con il profumo e il sapore alla sua estinzione come prodotto della tradizione.

…ed ora le ricette

 

“Shtridhelat”

Ingredienti:
250 gr di farina di grano duro
250 gr di farina di grano 00
2 uova
un bicchiere di acqua tiepida
un pizzico di sale

Shtridhelat

Shtridhelat

Su di una spianatoia mescolare le farine di grano duro e 00 e il pizzico di sale , fare una fontana al centro e aggiungere le uova e l’acqua per poi impastare fino ad ottenere un impasto omogeneo ed elastico, lasciar riposare coperto da un velo per circa mezz’ora.

Dividere l’impasto in panetti di eguale misura. Ciascun panetto si buca al centro con il “kesistra” ( raschiatoio ) si infilano la mani e si comincia ad allargarlo in tondo comprimendo l’impasto, che assottigliandosi sempre di più assume la forma di una ruota che a mano a mano si allarga. Continuando a stringere tra le mani, essa si assottiglierà sempre di più. Raggiunto lo spessore voluto si taglia la matassa ai due estremi ricavandone tanti spaghetti di eguali misura da adagiare su una tovaglia ad asciugare.

Il sugo

300 gr di fagioli- 1 spicchio d’aglio-1 peperoncino- due pomodorini

Dopo aver cotto i fagioli in una pignata piena di acqua salata, in una padella larga soffriggere l’aglio e il peperoncino, aggiungere i pomodorini spezzettati, dopo 5 minuti i fagioli cotti con tre mestoli della propria acqua di cottura e aggiustare di sale. Cuocere la pasta in abbondante acqua salata, a cottura ultimata scolare ed aggiunge ai fagioli nella padella.

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